Si è aperto lunedì a Mosca il processo per la strage del 22 marzo 2024 nella sala da concerti Crocus City Hall, alla periferia della capitale russa. Uomini armati avevano fatto irruzione nell’impianto e sparato all’impazzata prima di appiccare il fuoco. Bilancio: 149 morti, oltre la metà dei quali - come appurato dall’inchiesta - deceduti per il monossido di carbonio generato dall’incendio, e 609 feriti.

L'edificio in parte bruciato, fotografato nel primo anniversario della strage
Le prime tre udienze sono previste per l’appunto lunedì, martedì e giovedì. Sono 19 le persone che compaiono alla sbarra in un tribunale militare, fra le quali i quattro presunti autori, originari del Tagikistan. L’attentato era stato rivendicato da una branca dell’autoproclamato Stato islamico, riconosciuto come organizzazione terrorista e vietato in Russia, dove aveva già perpetrato altri attacchi in precedenza.
Il massacro aveva suscitato shock nel Paese, già in guerra con l’Ucraina, e reazioni xenofobi nei confronti delle persone originarie delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Le autorità avevano seguito in un primo tempo anche una pista legata a Kiev, che aveva smentito ogni coinvolgimento, e che non è mai stata suffragata da prove. E il comitato di inchiesta aveva accusato “un Paese nemico” senza indicare quale.
A prevalere è stata la pista dell’estremismo islamico, suffragata anche dall’arresto annunciato negli Stati Uniti di Mohammad Safiullah, un quadro dell’IS già coinvolto nell’attentato all’aeroporto di Kabul del 2021 che fece 183 morti. Avrebbe ammesso, secondo Washington, un ruolo anche nella pianificazione dell’attacco di Mosca.