La transizione verso una società più sostenibile passa necessariamente da una lunga serie di scelte. Alcune sono politiche, come il referendum del 9 giugno 2024, dove la popolazione svizzera ha deciso che nel 2050 il 60% dell’energia usata nella Confederazione dovrà provenire da fonti rinnovabili. Altre sono tecniche, come i progetti che devono rendere possibile l’agenda verde sopracitata. Altre ancora scientifiche, dove le conoscenze più avanzate sono utilizzate per cercare di predire quali sono gli scenari possibili.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/svizzera/Impianti-solari-alla-Svizzera-ne-servono-quattro-volte-tanti--2847830.html
Proprio in questa direzione va il rapporto appena pubblicato da un consorzio di ricercatori dei due Politecnici federali di Zurigo e Losanna, dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL, la scuola universitaria di Zurigo ZHAW, e le università di Ginevra e Berna. Il corposo documento cerca di indicare quali sono le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo prefissato per il 2050. Lo sforzo, pare, dovrà essere massiccio. Da qui al 2050, infatti, l’elettrificazione dei trasporti, del riscaldamento e delle industrie porterà la domanda annuale dagli attuali 56 TWh a circa 75 TWh e, al tempo stesso, bisognerà sostituire i 23 TWh provenienti dalle centrali nucleari.
I calcoli predicono che per far fronte a questo scenario sarà necessario moltiplicare per quattro la capacità produttiva degli impianti solari e addirittura per ottanta quella delle centrali eoliche. La strategia sull’approvvigionamento energetico sancisce anche che l’importazione dell’energia nel 2050 non dovrà superare il 5% del totale, ma i ricercatori hanno evidenziato che gli investimenti infrastrutturali necessari a sopperire alle mancanze potrebbero portare a grossi aumenti della bolletta, perfino farla raddoppiare.
Swissgrid
Il giardino di Albert 31.10.2021, 18:05
I fattori da considerare sono molti e la materia è tutt’altro che semplice. «Non lo so se nel 2050 arriveremo davvero a quest’obiettivo. Trovo che sia possibile nella misura in cui tutto il sistema cambi», commenta Paolo Rossi, ingegnere energetico attualmente consulente e precedentemente direttore dell’Azienda Elettrica Ticinese e dell’Azienda Elettrica Massagno. Il problema della transizione energetica è infatti molto trasversale e va dalla produzione di energia alla sua distribuzione, passando dall’immagazzinamento e all’utilizzo.
Il modello tradizionale dell’industria energetica prevede un numero relativamente basso di grosse centrali, ad esempio a combustibili fossili, nucleari o idroelettriche, che producono energia poco a poco distribuita in canali sempre più capillari fino a raggiungere la nostra casa. Per usare un’analogia semplice, è come se l’energia fosse immessa inizialmente in un’autostrada, per poi essere smistata nelle strade cantonali e man mano diradarsi in vie sempre più piccole per raggiungere ogni utente.

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Questo paradigma è però destinato a cambiare con le fonti rinnovabili per diversi motivi. Primo, perché si può costruire una rete di piccole unità produttive decentralizzate sparse sul territorio alle quali perfino gli utenti stessi possono contribuire con i pannelli solari installati presso le proprie abitazioni. In secondo luogo, la resa delle sorgenti rinnovabili è per sua natura dipendente dalle condizioni atmosferiche, causando improvvisi eccessi o deficienze di elettricità, due condizioni opposte che richiedono prontezza d’intervento per evitare blackout. Poi, le tecnologie moderne hanno permesso una nuova e più efficiente gestione dei consumi. I cosiddetti “smart meter”, ovvero i contatori digitali di nuova generazione, forniscono ai gestori una grande quantità di dati in tempo reale che permette di monitorare la richiesta di energia e, grazie all’intelligenza artificiale, persino prevederla. Infine, perché il modo in cui l’energia viene fruita sta radicalmente cambiando e l’improvvisa disponibilità di molte batterie, come quelle delle automobili, deve essere tenuta in considerazione. «ll digitale ci permette di andare verso un decentramento, quindi ci permette di sfruttare al meglio le energie disperse sul territorio. Però questo vuol dire che noi dobbiamo cambiare mentalità», dichiara Paolo Rossi.
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«Per gestire il cambiamento non basta semplicemente dire “dai partiamo, installiamo pannelli e pale eoliche fino a riempire tutti gli spazi disponibili”. Bisogna anche analizzare i dati della produzione e dei consumi tenendo conto della topologia di rete (ovvero di come è strutturata la rete di distribuzione, ndr). Poi ci vogliono sistemi di trasmissione di dati in grado di gestire la domanda e l’offerta in tempo reale», dichiara Paolo Rossi.
Le aziende elettriche e gli utenti stanno gradualmente mettendosi sullo stesso livello nella gerarchia della rete di distribuzione. «Dobbiamo avere il coraggio di rovesciare il paradigma cambiando anche il modello imprenditoriale». Non è però un cambiamento che riguarda solo le aziende elettriche, ma anche la popolazione. Paolo Rossi riflette sul fatto che gli utenti che possono permettersi di installare i pannelli solari appartengono spesso alle fasce più agiate della popolazione e vivono in case indipendenti, non in condominio. Se non si vuole che la transizione energetica aumenti le differenze tra la popolazione «è fondamentale ripensare anche la dimensione sociale perché altrimenti ci sono dei vincenti e dei perdenti».

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