È una delle antenne che captano i segnali, anche minimi, che arrivano dal terreno. F.M.*, ticinese di lungo corso nelle forze di pace, è nel contingente svizzero con l’European Union Force (EUFOR) ALTHEA in Bosnia ed Erzegovina (BiH). Tra le attività chiave di cui si occupa - ci spiega nel suo ufficio al Camp Butmir di Sarajevo - c’è quella di capire come è percepita la presenza militare internazionale. «Se è vista come affidabile, competente e pronta a proiettare la sua capacità a mantenere un ambiente sicuro, la popolazione locale si sente più salvaguardata; e ciò può contribuire alla buona riuscita della politica di tutela della Bosnia ed Erzegovina».
In quest’ottica, e in una realtà nella quale al pari di molti Paesi non mancano disinformazione e giochi politici, il lavoro di F.M. e colleghi comprende, tra le altre cose, quello di monitorare giornali, pubblicazioni, trasmissioni radiotelevisive e il vasto universo dei social media. «Operiamo su due livelli: in ‘reazione’ alle fake news per cercare di contenerle; attivamente per anticiparle. L’obiettivo è dare alla nostra leadership una panoramica della situazione e indicazioni di modalità e ambiti in cui eventualmente agire (ad esempio: personalità o autorità da incontrare, argomenti da trattare)». Il compito richiede rigore e cautela, per evitare errori di comunicazione che possono portare fino all’incidente diplomatico.
Il mantenimento della pace è una delle mansioni dell’esercito svizzero. Anni di esperienza portano F.M. a dire che «la resilienza è forse la caratteristica più importante» da avere per imboccare questa strada. Che sia per una o varie missioni, quello del peacekeeper è un ruolo in cui «a volte va dimenticata la propria ‘swissness’ poiché si è parte di un ambiente internazionale in cui ognuno porta punti di vista e standard diversi. Un aspetto interessante, aggiunge il Maggiore, è l’essere spesso all’estero. «Da svizzeri, non andiamo in guerra eppure si indossa l’uniforme, che è più di un ‘semplice’ abito da lavoro: significa che sei un militare, rappresenti la tua nazione, segui una catena di comando. Chi ti conosce in questo ambito, forse dimenticherà il tuo nome; ma di certo si ricorderà che sei svizzero».

Militari svizzeri in Bosnia
Il compito di C.F*. - che ci accoglie nel LOT di Mostar - è maggiormente sul terreno. Per quanto la BiH non sia in più guerra, le tensioni covano sotto la cenere. Qui «si realizza che un conflitto può scoppiare rapidamente e distruggere tutto in poco tempo; ma che poi occorre parecchio tempo per ricostruire una società civile e la pace. Anche in Europa». Però mai lui o i suoi soldati hanno avvertito ostilità da autorità e cittadini. «La neutralità della Svizzera gioca un ruolo: sanno che siamo un Paese imparziale, che ritengono una democrazia funzionante. Inoltre il fatto che numerose persone originarie della BiH vivano in Svizzera, favorisce la comprensione reciproca e, da parte nostra, il superamento di quei cliché relativi ai balcanici che un po’ resistono». Ciò che colpisce parlando con la popolazione, aggiunge il Capitano, è una sfiducia generale. «Se si discute di questioni politiche, emergono sentimenti negativi in particolare verso chi governa. Nei loro confronti le persone sono assai critiche e quando sorgono tensioni, sanno che spesso si tratta della ‘solita’ retorica. Le preoccupazioni quotidiane sono ben altre: inflazione, corruzione, nepotismo. E disoccupazione. Numerosi giovani ci dicono che in BiH mancano le possibilità e che il loro futuro non è qui, bensì nell’Europa occidentale». C’è di che riflettere, conclude C. F.. «Se per puro caso fossi nato o cresciuto qui, sarei nella loro situazione». Di questi giovani, ai quali è offerto poco o nulla per cui poter rimanere a casa loro.
*Nomi noti alla redazione, resi anonimi per questioni di sicurezza
Impieghi all’estero dell’esercito svizzero
Il promovimento della pace a livello internazionale è uno dei tre compiti dell’Esercito svizzero. Sono circa trecento le persone che svolgono un impiego volontario all’estero e contribuiscono alla pace in territori colpiti da guerre e conflitti. SWISSINT è il centro di competenza responsabile per la pianificazione, la preparazione e la condotta dei contingenti militari svizzeri.
L’inizio dell’attività di promovimento militare della pace da parte della Svizzera risale al 1953, quando il Consiglio federale inviò 146 soldati armati in Corea per partecipare alle commissioni NNRC (Neutral Nations Repatriation Commission, per il rimpatrio dei prigionieri di guerra) e NNSC (Neutral Nations Supervisory Commission, per la sorveglianza dell’armistizio tra le due Coree). L’NNRC cessa l’attività nel 1954, l’NNSC esiste ancora oggi, con un mandato diverso.
Presenza nei Balcani
In Kosovo
La SWISSCOY in Kosovo è ancora oggi l’impegno di maggior portata dell’Esercito svizzero nel quadro del promovimento della pace. Dal 1999, fino a 215 soldati prestano servizio a favore della pace nella Kosovo Force /KFOR): forniscono sostegno alla missione per garantire un ambiente stabile e sicuro (safe and secure environment) e mantenere la libertà di movimento di tutte le persone nel Paese (freedom of movement).
Varie le funzioni previste: compiti all’interno dei Liaison and Monitoring Team (LMT), nell’ambito del genio, come ufficiali di stato maggiore a livello di comandi regionali e di quartiere generale. Prestazioni: nell’ambito dell’assistenza medica, della logistica (con trasporti stradali e aerei), a favore della polizia militare e dell’eliminazione di munizioni inesplose.
In Bosnia ed Erzegovina (BiH)
Fino a 20 militari dell’Esercito svizzero sono impiegati nella internazionale European Union Force (EUFOR) nell’ambito della missione ALTHEA in Bosnia ed Erzegovina (BiH). Sono impiegati un massimo di quattro ufficiali di stato maggiore e due Liaison and Observation Team (LOT), ognuno composto da otto soldati. Le case LOT svizzere sono a Mostar e Trebinje; gli ufficiali di stato maggiore lavorano nel quartier generale EUFOR e nel LOT Coordination Center (LCC) al camp Butmir a Sarajevo. Il budget per il 2025 ammonta a oltre 5,1 milioni di franchi.
L’impegno svizzero rispondeva a una richiesta della Gran Bretagna, cui era stata affidata la direzione di EUFOR. La missione inizia nel novembre 2004 con circa settemila militari, scesi oggi a circa seicento.
EUFOR ha sostituito la SFOR (Stabilisation Force) che dal 1996, sotto il comando della NATO, ha contribuito a creare stabilità in BiH. La SFOR aveva fatto seguito all’IFOR (Implementation Force), che sotto il comando della NATO e su mandato dell’ONU nel 1995 con gli Accordi di Dayton aveva ricevuto il compito di creare un contesto sicuro in BiH, e per questo aveva impiegato sessantamila soldati. Il compito di EUFOR ALTHEA è garantire un ambiente sicuro e stabile in BiH, prevenire nuove esplosioni di violenza e consentire l’attuazione degli Accordi di Dayton.
I LOT si trovano in zone di conflitto conosciute e potenziali su tutto il territorio della BiH e sono il sistema di preallarme dell’EUFOR. Lavorano in collaborazione con popolazione, autorità locali e organizzazioni internazionali attive nella stessa zona. I militari del LOT sono identificabili in ogni momento come membri EUFOR, redigono dei rapporti su quanto apprendono e li inviano al quartier generale, dove sono analizzati.