L’Unione sindacale svizzera (USS) lancia l’allarme: una nuova proposta di legge federale minaccia di ridurre gli stipendi nei settori a basso salario, colpendo migliaia di lavoratori. In una conferenza stampa tenutasi oggi a Berna, l’USS ha annunciato la sua ferma opposizione al progetto, promettendo di combatterlo con ogni mezzo a disposizione.
Il cuore del problema è la volontà del Parlamento di far prevalere i contratti collettivi di lavoro (CCL) sulle normative cantonali in materia di salario minimo. Una mossa che, secondo i sindacati, non solo ignora la volontà popolare espressa in diversi cantoni, ma rappresenta anche un attacco diretto al federalismo elvetico.
Attualmente, cinque cantoni – Ginevra, Neuchâtel, Giura, Basilea Città e Ticino – hanno introdotto salari minimi compresi tra i 20 e i 24.50 franchi l’ora. Anche tre città hanno seguito questa strada. Tuttavia, la nuova legge permetterebbe ai CCL vincolanti, anche se prevedono salari inferiori, di avere la meglio sulle leggi cantonali.
“Questi salari minimi sono stati introdotti per decisione popolare. Ora il Parlamento vuole ignorarli se esistono CCL con salari più bassi. Così si tradisce la volontà dei cittadini e si rischia di togliere anche 250 franchi al mese a molti lavoratori”, ha dichiarato un portavoce dell’USS.
La proposta nasce da una mozione del consigliere agli Stati Erich Ettlin (Centro/OW), che già nel 2022 aveva criticato i salari minimi cantonali, accusandoli di minare il partenariato sociale. Pur esprimendo riserve giuridiche, il Consiglio federale ha dovuto elaborare un disegno di legge, che sarà discusso nella prossima sessione estiva del Parlamento.
Per i sindacati, si tratta anche di una questione di principio: “In che modo un obvaldese o un turgoviese è danneggiato dal salario minimo a Ginevra? È un attacco al federalismo e all’autonomia decisionale dei cantoni.”
Il dibattito si preannuncia acceso. L’USS ha già fatto sapere che non esclude il ricorso a un referendum, qualora la legge venisse approvata.