Il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, è in visita di Stato in Svizzera. È stato ricevuto da Karin Keller-Sutter mercoledì. È la prima visita nella Confederazione per un capo di Stato del suo Paese, fra i maggiori partner commerciali elvetici del continente. Con l’invito, il Consiglio federale ha voluto sottolineare e approfondire ulteriormente gli stretti rapporti tra la Svizzera e il Sudafrica. Tuttavia, storicamente, questi rapporti non sono privi di problemi. I colleghi di SRF hanno stilato una panoramica dei principali eventi che influenzano anche le relazioni attuali.
1948: l’apartheid vige in Sudafrica
La segregazione razziale in Sudafrica inizia già nel 1910. Ad esempio, ai neri è permesso svolgere solo “lavori umili”. Il sesso o i matrimoni tra neri e bianchi sono vietati. Quando nel 1948 Partito Nazionale (NP), espressamente razzista, vince le elezioni, l’apartheid diventa la dottrina ufficiale dello Stato.

Daniel François Malan (Riebeeck West, 22 maggio 1874 – Stellenbosch, 7 febbraio 1959) è stato un politico sudafricano, Primo ministro del Sudafrica dal 1948 al 1954.
Anni ‘50: la Svizzera sostiene il regime
Negli anni ‘50, l’apartheid è a malapena un tema in Svizzera. L’ambasciatore svizzero dell’epoca si identifica con il nazionalismo bianco e invia valutazioni della situazione in linea con il suo pensiero. Nel 1956 viene addirittura fondata a Zurigo un’associazione Svizzera-Sudafrica, che funge da camera di commercio. La Svizzera diventa un partner importante: le banche concedono crediti, le aziende investono, le industrie belliche aggirano gli embarghi. Dal 1979, la Svizzera diventa inoltre il principale centro di smistamento per l’oro sudafricano.
1960: massacro di Sharpeville
Nel marzo 1960, migliaia di neri manifestano a Sharpeville contro le leggi dell’apartheid. La polizia spara sulla folla: 69 morti, circa 200 feriti - un massacro che suscita sgomento in tutto il mondo. Anche in Svizzera l’apartheid attira per la prima volta l’interesse pubblico; gli attori politici prendono posizione.

Sharpeville, Sudafrica, 1960
1976: rivolta di Soweto
Nel giugno 1976, gli studenti di Soweto protestano contro il regime dell’apartheid. La brutale repressione causa circa 600 vittime. La rivolta è considerata una svolta nella lotta contro l’apartheid - anche in Svizzera cambia la percezione del regime sudafricano.

16 giugno 1976, dopo che la polizia aveva aperto il fuoco sugli studenti che protestavano contro le lezioni obbligatorie in afrikaans, la lingua della minoranza bianca.
Anni ‘80: la Svizzera viene criticata
Mentre altri paesi impongono sanzioni, la Svizzera - come era consuetudine all’epoca - si astiene. Con conseguenze, afferma alla SRF Sacha Zala, direttore del Centro di ricerca Documenti diplomatici svizzeri (Dodis): “Il fatto che la Svizzera non abbia aderito alle sanzioni le ha procurato una pessima immagine in molti Paesi africani”. Almeno dal 1986 la Svizzera sostiene le organizzazioni non governative sudafricane che si battono per la fine dell’apartheid. “Anche nell’amministrazione federale, alla fine degli anni ‘80, nessuno pensava più che l’apartheid potesse o dovesse durare ancora a lungo”, afferma Annina Clavadetscher, ricercatrice presso Dodis.
1994: prime elezioni democratiche
Le proteste di massa e la pressione internazionale aprono infine la strada all’abolizione dell’apartheid: nell’aprile 1994 si tengono in Sudafrica le prime elezioni democratiche. “Negli anni ‘90, la Svizzera ha investito massicciamente in relazioni positive con il ‘nuovo Sudafrica’”, afferma Zala. Nel farlo, ha cercato di far dimenticare il precedente periodo problematico con buone azioni. Secondo Clavadetscher, ha trovato ascolto: “Il Sudafrica era felice di costruire nuovi partner”.
Oggi Zala non vede nella storia un ostacolo. “Un passato offuscato può certamente favorire il bel tempo nella diplomazia”. La Svizzera ha infatti una certa responsabilità storica - e accoglie ora il presidente Cyril Ramaphosa con tutti gli onori militari.
Legato al Telegiornale delle 20:00 del 29.10.2025







