Sabato, in occasione di Lugano vola, i cieli ticinesi si tingeranno anche delle scie rosse e bianche della Patrouille Suisse. Dietro lo spettacolo della pattuglia acrobatica delle Forze aeree svizzere ci sono anni di addestramento, disciplina e lavoro di squadra, come ha raccontato a Prima Ora il ticinese Lukas Nannini, classe 1989, nato a Bellinzona e da nove anni parte del team.

Una formazione di F-5 in volo
Il suo nickname è “Bigfoot”, un soprannome nato durante la formazione: “Un mio collega voleva alludere al fatto che non sapessi usare i pedali dell’aereo, ai tempi della formazione: tu hai piedi grandi, ti chiami Bigfoot adesso”.
Ogni pilota ha un compito preciso. In occasione del Basel Tattoo, Nannini volava all’esterno destro della classica formazione a delta, con il compito di garantirne la simmetria. “La posta in gioco è alta: abbiamo due passaggi precisi al secondo coordinati con la musica a Basilea, ma siamo concentrati e siamo pronti”. L’obiettivo era sorvolare la caserma proprio sulle prime note dell’inno svizzero: missione compiuta.

Un cuore sopra le Alpi, disegnato con il fumo di due aerei della Patrouille
Le acrobazie che affascinano il pubblico sono il frutto di una preparazione meticolosa. Ogni esibizione viene pianificata nei minimi dettagli durante i briefing, ma la tecnica da sola non basta: il successo dipende anche dalla sintonia totale tra i piloti. “Il feeling di squadra è tutto, tra di noi la fiducia dev’essere al 100%”, racconta Nannini. Questo perché il risultato che si vuole ottenere “è di squadra: non basta che ognuno faccia il suo lavoro, ma tutti insieme devono fare il loro lavoro in maniera corretta”.
Quando un pilota lascia la pattuglia, la scelta del successore non si basa solo sulle competenze tecniche: “Tutti all’unanimità devono essere d’accordo con la scelta proprio per integrare nel team una persona con dei valori umani che rispecchiano i valori del team, quindi che sappia integrare al meglio”.

La Patruoille Suisse immortalata in uno scatto di gennaio durante un volo sopra Wengen, nelle alpi bernesi
Dietro lo spettacolo resta soprattutto la magia del volo, fatta di natura e tecnologia. “C’è qualcosa di estremamente speciale nel volare”, racconta Nannini. Da un lato, il privilegio di librarsi sopra i paesaggi svizzeri – “non ci sono posti più belli al mondo dove poter volare, con laghi e montagne” – dall’altro, il continuo confronto “con nuove tecniche e procedure diverse”, che rende ogni esperienza stimolante.