Approfondimento

Le verità nascoste della tragedia di Mattmark

60 anni dopo la valanga che causò 88 morti, un libro getta nuova luce sulla verità giudiziaria e fa emergere aspetti trascurati della vicenda – “Sicurezza sacrificata per risparmiare tempo”

  • 9 minuti fa
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27:53

Le verità nascoste di Mattmark

Laser 04.12.2025, 09:00

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  • Emanuela Burgazzoli
Di: Emanuela Burgazzoli (Laser), servizio originale - Redazione RSI Info, adattamento web

30 agosto 1965, ore 17:15: una enorme massa di ghiaccio e detriti (circa 2 milioni di metri cubi) si staccò dal ghiacciaio dell’Allalin e travolse il cantiere per la costruzione della diga di Mattmark, in Vallese. I morti furono 88, 33 i feriti gravi. La tragedia di 60 anni fa resta un dei più gravi disastri sul lavoro in Svizzera.

A 60 anni dalla catastrofe, un libro appena pubblicato getta nuova luce sulla verità giudiziaria e fa emergere aspetti finora trascurati dalla storia: la presenza delle donne sul grande cantiere, l’impatto sociale della tragedia e la cultura della memoria in Italia e in Svizzera, dove ha prevalso per decenni la tesi dell’imprevedibilità. Ma enorme è anche l’impatto che Mattmark ha avuto sulla politica sindacale e sulla politica migratoria elvetiche.

“Laser”, magazine di approfondimento radiofonico, ha incontrato la storica Elisabeth Joris, autrice di Mattmark 1965 – Erinnerungen, Gerichtsurteile, italienisch-schweizeriche Verflechtungen e l’ex sindacalista Vasco Pedrina.

1965: Mattmark subito dopo la valanga

1965: Mattmark subito dopo la valanga

  • Archivio Keystone

Il 30 agosto 2025, il consigliere di Stato vallesano Mathias Reinhard ha presentato le scuse ufficiali del governo cantonale per la gestione “disastrosa” della tragedia di Mattmark. Un gesto atteso 60 anni, che ha riaperto il dibattito su una delle pagine più buie dell’emigrazione italiana in Svizzera.

Tra le 88 vittime, anche due donne: l’addetta alla mensa Ginetta Angela Bozzi e la cuoca Margareta Woodley. La loro presenza, come quella di oltre 100 altre lavoratrici, è uno degli aspetti finora trascurati emersi dalla ricerca della storica Elisabeth Joris.

1965: Mattmark subito dopo la valanga

1965: Mattmark subito dopo la valanga

  • Archivio Keystone
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Vallese: a 60 anni dalla tragedia del Mattmark

Telegiornale 30.08.2025, 20:00

“Tutto ciò che riguarda gli aspetti sanitari a Mattmark è particolare”, spiega Joris alla RSI. Sul cantiere, che arrivò a ospitare 1’400 operai, erano presenti due infermiere diplomate. Una di loro, Maria Testa, si prese cura dei pazienti per tutto il periodo dei lavori. “Nessuno come lei conosceva meglio le preoccupazioni degli operai”, sottolinea la storica.

Ma perché un numero così alto di vittime? Secondo Joris, “c’erano già state delle ricerche di specialisti che evidenziavano rischi. Nei mesi precedenti la catastrofe, l’inquietudine degli operai cresceva e l’hanno più volte comunicato alla direzione dei lavori. Ma non sono stati ascoltati”.

1965: Mattmark subito dopo la valanga

1965: Mattmark subito dopo la valanga

  • Archivio Keystone

La pressione per terminare i lavori era enorme. Si lavorava con turni di 56 ore settimanali, spesso superati. “Tutte le decisioni prese per risparmiare tempo e aumentare la redditività hanno messo in secondo piano le questioni di sicurezza”, afferma Joris.

Il processo si concluse nel 1972 con l’assoluzione di tutti i 17 imputati. La catastrofe fu giudicata “imprevedibile”. Ma un rapporto del giudice Paul Eugen Burgener, che accusava quattro ingegneri di omicidio colposo, scomparve misteriosamente dagli atti.

Mattmark oggi

Mattmark oggi

  • Archivio Keystone

Nonostante l’oblio in Svizzera, Mattmark innescò importanti cambiamenti. Il sindacalista Ezio Canonica comprese che l’immigrazione era un fenomeno permanente, spingendo per una maggiore tutela dei lavoratori stranieri. La tragedia portò anche a un rafforzamento dei sistemi di prevenzione e sicurezza sul lavoro.

Tuttavia, molte domande restano aperte. “Chi è responsabile del fatto che nessuno sia stato condannato?”, si chiede Joris. L’accesso limitato agli archivi privati ostacola ulteriori ricerche. “Si dice sempre che l’economia è l’attore più importante in Svizzera, ma per la storiografia resta una specie di scatola nera”, conclude la storica.

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