La Svizzera si dota di una nuova strategia contro la criminalità organizzata. Frutto di una collaborazione tra Confederazione, Cantoni e Comuni va dall’identificazione precoce delle attività mafiose al rafforzamento degli strumenti di perseguimento penale. È stata presentata venerdì a Berna. SEIDISERA ne ha parlato con Annamaria Astrologo, professoressa di diritto all’Università della Svizzera italiana e responsabile scientifica dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata sempre all’USI.
Quali sono i veri elementi di novità, quelli che rispetto a prima dovrebbero permetterci di fare un salto di qualità in questo ambito?
È da salutare con favore che in questa strategia risalti un approccio sistemico. Cosa vuol dire? In pratica che non ci siamo focalizzando solo sulla criminalità organizzata in quanto tale, quindi per esempio a livello giuridico sul 260 ter, ma anche sui reati fine - i reati quindi scopo, per esempio il riciclaggio che ha una grandissima importanza - e anche i reati mezzo, per esempio la corruzione, il modus operandi delle organizzazioni criminali.
È estremamente importante il fatto che l’approccio sia anche dinamico. Si parte parte dal presupposto che la mafia non è qualcosa di statico, ma un fenomeno dinamico che si adatta nella società, muta con essa. I fenomeni sociali e economici in qualche modo influenzano la mafia e la mafia li influenza. Va poi sottolineato che è un approccio collaborativo.
Cosa intendo dire? Oltre che rispetto a Comuni, a Cantoni e all’Ufficio federale di polizia, più volte nella strategia si fa riferimento alla necessità che anche il mondo scientifico e le università collaborino per individuare il punto centrale della situazione e per dare il proprio contributo in termini di formazione e sensibilizzazione.
Quindi è come se ci fosse una sorta di presa di coscienza quasi collettiva... una sveglia; anche perché in questo senso, forse la Svizzera è soprattutto parte della Svizzera al nord delle Alpi, aveva perso del tempo?
Sicuramente c’è un elemento di consapevolezza maggiore. E poi va detto che in questo senso la Svizzera, secondo questa strategia appena pubblicata, in realtà affronta il fenomeno così come lo fanno anche altri Paesi. Per esempio in Italia è da anni che si combattono le mafie attraverso sinergie anche con istituti di ricerca e università che danno il proprio contributo, per esempio attraverso studi e materiale scientifico che viene messo a disposizione dell’autorità inquirenti. In realtà ci siamo adattati a qualcosa che altri Paesi stanno già facendo.
E ci stiamo adattando anche a una sorta di inasprimento della base legale insomma del famoso arsenale giuridico. In questo senso si sta andando nella giusta direzione secondo lei?
Per fare una valutazione credo bisogna considerare che mancano ancora queste misure e competenze concrete che verranno pubblicate nel piano d’azione nazionale per la lotta alla criminalità organizzata entro il 2026. In questo documento dovrebbero risultare in modo più concreto anche le modifiche legislative. Secondo me è però sempre importante sottolineare il fatto che queste modifiche legislative devono essere inserite all’interno di un ordinamento giuridico e quindi non si può semplicemente andare a prendere da altri Paesi europei alcune norme pensando di inserirle nel nostro ordinamento giuridico. Anche questo procedimento richiede un ragionamento e uno studio anche con base scientifica in modo tale che la misura giuridica sia adeguata all’obiettivo ma anche al contesto giuridico in cui viene inserita.
Leggendo alcuni dei contenuti di questa strategia, abbiamo pensato ad alcune parole di Giovanni Falcone che risalgono a 35-40 anni fa, quando si diceva che la mafia è interessata ai soldi e quindi bisogna avere un approccio transnazionale. In Svizzera stiamo rincorrendo con del ritardo colpevole?
In realtà su questo punto già nel 2021 ha risposto il Consiglio federale. Nella sua presa di posizione ha detto chiaramente che il fenomeno è stato sottovalutato per decenni. Mi sembra però che dal 2021 qualcosa si sta facendo. Guardando al futuro, il fatto che ci sia una strategia con un approccio sistemico, dinamico e collaborativo e che vi sia l’idea di fare un piano d’azione con misure concrete e che questo piano d’azione sia tra l’altro revisionato ogni cinque anni, mi sembra comunque un passo in avanti. Personalmente cerco di guardare questa strategia in questa modalità un po’ positiva. Si è sottovalutato per anni il fenomeno, però finalmente si sta facendo qualcosa di concreto.






