Svizzera

Nuovi accordi Svizzera-UE, sottostare alla Costituzione o fare un’eccezione?

Favorevoli e contrari dibattono sulle modalità della votazione - Per il Governo dovrebbe bastare il “sì” della popolazione, chi si oppone chiede la doppia maggioranza - Riuscita intanto l’iniziativa “Bussola”

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30:40

Accordi con l’Europa, basterà la maggioranza del popolo?

Modem 21.10.2025, 08:30

  • Archivio Keystone
Di: Modem-Roberto Porta/feta/ATS 

La politica svizzera sta dibattendo sull’organizzazione della votazione popolare per i nuovi accordi tra la Svizzera e l’Unione Europea approvati a giugno dal Consiglio federale. Basterà, come ritiene il Governo, un referendum facoltativo o ne servirà uno obbligatorio? In altre parole, sarà necessario solo il “sì” della popolazione o ci vorrà anche quello dei Cantoni? In attesa che il Parlamento si esprima, ne hanno dibattuto martedì a Modem i deputati al Consiglio nazionale Anna Giacometti (PLR), Piero Marchesi (UDC) e Greta Gysin (Verdi) e il membro del Consiglio degli Stati Fabio Regazzi (Centro).

Il nuovo pacchetto Svizzera-UE

Le relazioni tra la Svizzera e l’Unione Europea si sono sviluppate dopo la mancata adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE) nel 1992, grazie agli Accordi bilaterali I (1999) e II (2004). Questa relazione si è finora rivelata solida e in grado di essere accettata da una maggioranza. L’UE è disposta a portarla avanti, purché per la Svizzera si applichino le stesse regole di mercato a cui sottostanno gli altri partecipanti. I settori di mercato a cui la Svizzera partecipa sono trasporto aereo, trasporti terrestri, libera circolazione delle persone, ostacoli tecnici al commercio, agricoltura. Quelli a cui vorrebbe partecipare in futuro sono invece elettricità e sicurezza alimentare.

Piero Marchesi: “Non sono degli accordi bilaterali”

Ancora prima di cominciare il dibattito, il soprannome del pacchetto di accordi viene contestato da parte di Piero Marchesi. Il nome corretto sarebbe Accordi del pacchetto concernente la stabilizzazione e l’ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Svizzera e l’UE, nome che per una questione di praticità è stato ribattezzato “Bilaterali III” da più voci del panorama politico-economico elvetico. “Nulla hanno a che vedere con i bilaterali”, esordisce Marchesi. Passando al contenuto di questi accordi, il consigliere nazionale reputa che cambieranno “a livello istituzionale il nostro paese”. “Il popolo svizzero potrà ancora decidere”, continua, “ma se le decisioni non saranno in linea con gli auspici e con i dettami dell’Unione Europea, allora quest’ultima potrà sanzionare con delle misure compensatorie. Dunque, è per questo che un accordo di tale portata necessita, a mio avviso, della doppia maggioranza”.

Greta Gysin: “Si sposta la discussione dalla sostanza alla forma”

“Questi accordi sono la continuazione della via bilaterale che il popolo svizzero a due riprese ha già confermato di voler percorrere”, ha risposto la collega al Consiglio nazionale difendendo la legittimità dell’appellativo. Greta Gysin è presidente della Commissione diritti politici del Consiglio nazionale, che si occupa anche dell’organizzazione delle votazioni popolari. Secondo lei, non si può richiedere la doppia maggioranza per questa votazione perché non si tratta di un’iniziativa popolare, bisogna perciò sottostare all’articolo 140 della Costituzione: “Chi oggi vuole la doppia maggioranza lo fa con dei fini che sono meramente politici e che non hanno una base giuridica”. Secondo la consigliera nazionale, “si fa credere che una decisione presa dalla maggioranza del popolo non sia una decisione democratica”.

Fabio Regazzi: “Il federalismo da noi gioca un ruolo centrale”

“Questi accordi hanno una portata costituzionale e questo giustifica ampiamente che vengano sottoposti alla doppia maggioranza”, afferma da parte sua il consigliere agli Stati ticinese Fabio Regazzi. “Un accordo approvato con il 50,2% e con la maggioranza dei Cantoni contraria sarebbe un accordo che parte molto male con un’inadeguata e insufficiente legittimazione democratica”. “Io non sto sostenendo che una decisione presa solo dal popolo non sia democratica”, continua Regazzi ribadendo l’eccezionalità della votazione in questione, “ma qui è una questione di fondo che va a toccare il nostro federalismo, uno dei pilastri del nostro paese. Va a toccare anche la coesione nazionale, quindi da questo punto di vista si giustifica ampiamente una modifica della prassi e un’applicazione un po’ più estensiva dell’articolo 140”.

Anna Giacometti: “Questi accordi con l’UE non sono una modifica della Costituzione”

“Noi non andiamo a votare sull’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a una comunità sopranazionale“, afferma la deputata PLR al Nazionale Anna Giacometti. “Nel giugno 2012”, ricorda, “il popolo svizzero ha respinto con il 75% di voti un’iniziativa che chiedeva il rafforzamento dei diritti popolari in politica e che voleva estendere il referendum obbligatorio agli accordi internazionali”. “Non si tratta di avere paura, però non vogliamo neanche farci male da soli”, risponde Giacometti alla provocazione per cui pretendere un doppio “sì” legittimerebbe maggiormente un eventuale esito positivo, “se la Costituzione non chiede il referendum obbligatorio non vedo perché il Parlamento dovrebbe deciderlo. È chiaro che i contrari a questo pacchetto, e qui mi riferisco soprattutto all’UDC, cercano ogni modo per avere un ‘no’ alle urne e quindi pretende questa doppia maggioranza”.

Riuscita l’iniziativa “Bussola”

Proprio oggi, la Cancelleria Federale ha comunicato la riuscita dell’iniziativa che chiede di sottoporre a doppia maggioranza i nuovi accordi tra Svizzera e Unione Europea, con 111’422 firme valide. Sul tema sarà quindi la popolazione a doversi esprimere.

Scopo degli iniziativisti è fare in modo che l’iniziativa popolare “Per la democrazia diretta e la competitività del nostro Paese - No a una Svizzera membro passivo dell’UE (Iniziativa Bussola)“ venga sottoposta a votazione prima che venga presa una decisione sui trattati con Bruxelles. I tempi sono stretti, ma è possibile, avevano detto i promotori a fine agosto al momento di depositare le firme in cancelleria. In passato, il Consiglio federale non ha sempre impiegato tutto il tempo che la legge gli consente per elaborare un messaggio - ad esempio, in occasione delle iniziative sui pesticidi ha sottoposto il suo progetto alle Camere federali dopo poco più di otto mesi.

02:45

Il PLR sostiene la via bilaterale

Telegiornale 18.10.2025, 20:00

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