Il Ministero pubblico della Confederazione ha promosso l’accusa per sospetto riciclaggio di denaro nei confronti di un ex collaboratrice del Credit Suisse e contro la banca stessa (di riflesso nei confronti di UBS che ha assorbito l’ex rivale) per aver trascurato i propri doveri di diligenza, in relazione all’erogazione di prestiti per due miliardi di franchi a imprese pubbliche mozambicane nel 2013.
Nell’ambito di quello che nel 2016 è diventato noto come “lo scandalo dei prestiti del Mozambico”, fondi per 7,86 milioni - si suppone di provenienza illecita - erano stati versati su conti presso il Credit Suisse in Svizzera e poi dirottati quasi totalmente negli Emirati Arabi Uniti. Quest’ultimo movimento bancario indusse la banca elvetica a effettuare controlli, ma la donna accusata - che ricevette l’incarico - avrebbe consigliato di chiudere la relazione d’affari senza segnalare il caso alle autorità (il competente Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro, MROS). La segnalazione di Credit Suisse arrivò quindi solo nel 2019é.
Un primo procedimento penale ancora in corso era stato aperto nel 2020 nei riguardi di due persone fisiche, secondo quanto comunica la procura federale.
Con decisione del 25 novembre 2025, l’MPC ha abbandonato il procedimento penale nei confronti di un’altra collaboratrice di CS e CS Group. Durante il periodo in questione, l’imputata era responsabile della divisione Compliance e membro della direzione, rispettivamente di Credit Suisse Group, e pertanto coinvolta nella suddetta indagine in materia di riciclaggio di denaro. Questo perché la donna è già stata condannata in marzo nell’ambito di un procedimento separato sostanzialmente per gli stessi fatti, una condanna non ancora cresciuta in giudicato e su cui dovrà pronunciarsi il Tribunale penale federale.
RG 12.30 del 01.12.2025






