Quando la politica esaurisce le energie

Alla sessione invernale delle Camere, iniziata lunedì a Berna, una poltrona è rimasta vuota. È quella della consigliera nazionale zurighese Mattea Meyer. In un post pubblicato domenica sul suo profilo Instagram la 38enne copresidente del Partito socialista ha infatti fatto sapere di sentirsi “molto stanca” e che per lei è giunto il momento di “tirare il freno d’emergenza”. Meyer non è la prima persona attiva in politica a patire il sovraccarico di lavoro. Un fenomeno esplorato al Telegiornale.

Troppo da fare e troppo poco tempo a disposizione. All’inizio del 2024 era stato l’altro copresidente del PS, Cédric Wermuth, ad annunciare due mesi di pausa necessari per evitare che lo stato di fatica si trasformasse in un burnout conclamato. Due anni prima fu la consigliera nazionale socialista Jacqueline Badran ad annunciare via social media di essere esaurita fisicamente e psichicamente dopo un periodo caratterizzato da intense campagne elettorali, lamentando anche l’aumento dell’aggressività e della mancanza di rispetto nei confronti dei politici. Per lei lo stop durò sei mesi.

Nel 2014, il neocastellano Yvan Perrin, già consigliere nazionale dell’UDC, rassegnò le dimissioni dopo un anno di carica nel Governo cantonale per burnout, depressione e insonnia cronica. Nel 2012, a fermarsi per cinque mesi dal Consiglio nazionale fu la consigliera di Stato UDC zurighese Natalie Rickli, all’epoca 35enne. Nel 2004, l’esaurimento colpì un altro politico di primo piano: il consigliere agli Stati di Zugo Rolf Schweiger. Eletto alla presidenza del Partito liberale radicale svizzero in aprile, abbandonò la carica dopo soli cinque mesi.

“Qualcuno, purtroppo, sì: è stato toccato in passato. È una pressione che c’è, costante. C’è chi sopporta di più, e chi sopporta di meno. È individuale”, rivela il presidente del Gran Consiglio Fabio Schnellmann. Il problema, dunque, è sentito anche nella politica ticinese. E la pressione mediatica è una delle concause, precisa Schnellmann. La sua soluzione personale? “Ciascuno si deve gestire col suo tempo di lavoro: io, per esempio, negli ultimi tempi ho ridotto l’attività professionale al 50% proprio per questo motivo”.

Fiorenzo Bettoni, psicologo del lavoro, spiega che il burnout ha una caratteristica molto pericolosa: “Talvolta insorge in persone che sono estremamente performanti. E il motivo è proprio questo, perché le persone che sono abituate a dare il massimo nel momento in cui sentono di avere un calo energetico legato al fatto che consumano molte energie, vogliono dare ancora di più e quindi aumentano ancora di più il consumo”. E si entra così in un circolo vizioso che poi può portare al burnout. Prima di arrivarci, però, i segnali da non sottovalutare sono tanti, precisa Bettoni. “Possono essere dolori a livello muscolo-scheletrico, oppure attacchi di panico, sensazione di difficoltà respiratorie e tachicardia”. 

“Devo dire che dopo le ultime vicende - perché il caso della signora Meyer non è l’unico - una valutazione va fatta effettivamente”, risponde Fabio Schnellmann. “Sul tavolo non c’è ancora niente, però una riflessione sul tema serve perché i casi cominciano a manifestarsi sempre più”.

Per Fiorenzo Bettoni la chiave è rimettere al centro il proprio benessere. “Dobbiamo ritornare a volerci un pochettino più di bene. E in questo senso credo che le giovani generazioni siano più brave di noi e quindi dobbiamo recuperare quelle attenzioni verso di noi che sono importanti proprio per evitare di cadere in questi casi”.