Il Consiglio dell’Università della Svizzera italiana, presieduto da Monica Duca Widmer, si è riunito venerdì a Lugano, ma nessuno ha rotto il silenzio sulle dimissioni di Luisa Lambertini, che giovedì ha annunciato il suo addio all’USI per la fine dell’anno. Da gennaio tornerà a dedicarsi alla ricerca - è un’economista specializzata fra l’altro in finanza internazionale e politica monetaria - al Politecnico federale di Losanna. “Fa stato il comunicato stampa”, è stato detto da più parti alla RSI. A parlare è invece un ex presidente, Piero Martinoli, che ha accompagnato l’ateneo per un decennio ma oggi è amareggiato. “Quando ho lasciato l’Università nel 2016, mi ero imposto di non più intervenire nelle sue faccende, perché non è una buona cosa quella di interferire, ma siamo di fronte adesso a una situazione abbastanza preoccupante”, ha detto ai microfoni del Quotidiano. “Un primo rettore, Boas Erez, ha dovuto lasciare senza arrivare alla fine del suo mandato. Adesso, dopo poco più di due anni (era in carica dal luglio 2023, ndr) la nuova rettrice decide di andarsene. A mio modo di vedere, questo mostra che c’è certamente qualche cosa, negli ingranaggi, che non funziona come deve funzionare”, afferma colui che si era fatto promotore dello sviluppo delle scienze computazionali in Ticino e in Svizzera e che ha diretto il progetto che ha portato all’istituzione di una Facoltà di scienze biomediche all’USI.
Sui motivi precisi che hanno portato Luisa Lambertini ad abbandonare l’incarico, Martinoli non vuole fare speculazioni. Guarda però all’organizzazione dell’ateneo: “Ci sono conflitti latenti fra il Consiglio dell’Università e il rettorato. Non so se è una questione di ruoli che vengono usurpati dall’uno o dall’altro, ma è una cosa che assolutamente non va. Non penso che siamo gli unici con una situazione del genere, ma siccome siamo piccoli si vede subito tutto”.
All’USI oggi, secondo il suo ex presidente servono progetti faro (come fu l’IRB di Bellinzona) e una buona collaborazione con Zurigo. Martinoli non lesina però anche un mea culpa: “Sono stato io”, dice, “e oggi forse me ne pento, a suggerire che bisognava fare come nelle altre università, separando il ruolo del Consiglio, organo di vigilanza, e quello operativo del rettore. Queste cose vanno bene se si trovano persone che hanno una buona chimica fra loro. Si possono avere opinioni diverse, ma non arrivare a situazioni conflittuali”.







