Ticino e Grigioni

Bambini vittime di violenza domestica, un quadro impietoso

Da uno studio SUPSI emergono lacune: tra le altre, approccio tardivo, poco ascolto, troppo impegno a valorizzare il legame genitoriale anche quando non serve

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Bimbi esposti alla violenza, uno studio Supsi

Il Quotidiano 19.12.2025, 19:00

Di: Il Quotidiano - Sharon Bernardi 

L’esposizione dei bambini alla violenza può causare traumi duraturi. Uno studio della SUPSI, assieme alla Scuola universitaria zurighese, ha esaminato una quarantina di incarti di quattro cantoni diversi, Ticino compreso. Emerge che si può fare di più.

“È sicuramente un problema di sovraccarico dei servizi. In molti dei casi analizzati abbiamo rilevato appunto che i minori non hanno potuto essere presi a carico immediatamente. A volte l’autorità ha dovuto anche ricontattare più volte il servizio preposto. La presa a carico è arrivata appunto dopo un certo numero di giorni”, spiega alle telecamere del Quotidiano della RSI Ornella Larenza, ricercatrice senior del Centro competenze lavoro, welfare e società della SUPSI.

Le cifre che vengono fatte alla RSI parlano da sole. Mediamente ogni assistente sociale dell’Ufficio dell’aiuto e della protezione si occupa di una sessantina di casi. C’è un comun denominatore anche a Zurigo, San Gallo e Vaud. La presa a carico di questi ragazzini è spesso tardiva. I servizi psicosociali sono oberati. Non viene mai nominato un rappresentante del minore e c’è un turnover tra gli specialisti. 

Discorso a parte quello dei curatori. “Anche da un punto di vista emotivo è necessario che queste persone siano formate a ciò che li aspetta. Purtroppo vi è una penuria di questo tipo di figure e soprattutto, nelle zone più discoste del cantone, ce n’è ancora di meno. Quindi ci sono anche delle disuguaglianze nella possibilità delle autorità di attivare queste figure tra zone più urbanizzate e zone meno urbanizzate del cantone”, spiega Ornella Larenza.

C’è anche “Kids Too” in questo studio. È il nome di una fondazione ma fa venire in mente quel “Me Too”, riferito però all’infanzia, ai bambini vittime di violenza ma con ancora meno voce. Le 140 pagine dello studio rendono - in forma anonimizzata - uno scenario a volte impietoso. Proposte di mediazione che cadono nel vuoto anche se la figlia subisce - citiamo - atti di terrorismo intimo, totale assenza di ascolto dei ragazzi e perizie che vengono consegnate anche dopo le decisioni dei giudici.

“Abbiamo notato che si fa fatica a prendere in considerazione il fatto che la priorità va messa sulla protezione del minore e che per proteggere il minore si può sacrificare la relazione genitoriale, laddove uno dei genitori chiaramente è violento”, sottolinea Ornella Larenza. Farlo significherebbe anche potenziare tutti i servizi, compresi i posti letto nelle case protette. E questo a sette anni di distanza dalla ratifica della Convenzione di Istanbul, che impegna la Svizzera a prevenire la violenza domestica e a proteggere le vittime anche quando sono dei bambini.

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