Residenza, centro di spaccio, luogo per festini con tanto di escort. La villa presa in affitto a Pregassona era la base di quella che gli imputati chiamavano la “società”. Un gruppo dedito alla compravendita di cocaina, importata dall’Italia a bordo di automobili e poi piazzata sul mercato locale.
Il 22 febbraio scorso la polizia irruppe nell’abitazione, sequestrando circa tre chili di coca e oltre uno di canapa. Gli agenti trovarono pure alcune armi da fuoco. Cifre già di per sé importanti, ma che rappresentano solo la punta dell’iceberg.
Dalle indagini è emerso infatti uno dei traffici più ingenti degli ultimi anni. Gli inquirenti hanno ricostruito un giro di quasi dieci chilogrammi. Compresi i quantitativi sequestrati e il chilo che in febbraio un cittadino rumeno (sempre latitante) portò con sé poco prima del blitz, facendosi accompagnare da un vicino in stazione.
Sarebbero stati proprio loro due ad avvisare la polizia, che altrimenti avrebbe forse potuto mettere le mani su una partita ancora più grossa. Il giorno successivo era previsto cioè l’arrivo di qualcosa come altri 10 chili. Almeno secondo delle dichiarazioni rese a verbale, alle quali però non sono seguiti, finora, riscontri oggettivi.
Otto le persone finite in manette. Quattro sono state nel frattempo scarcerate. Le altre si trovano tuttora dietro le sbarre. Gli indagati sono, in totale, ben una trentina.
E i numeri danno soltanto un’idea parziale della pericolosità del contesto che si era creato. Prima di essere arrestato uno degli imputati principali, ad esempio, organizzò una spedizione punitiva contro l’uomo fuggito in febbraio dalla villa di Pregassona. Ma lui non si presentò all’appuntamento, fissato in un bar di Como, e l’agguato fallì.

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