Cento anni sono trascorsi dall'erompere dell'influenza "spagnola", la più letale forma di pandemia nella storia dell'umanità: quasi mezzo miliardo di persone infettate su scala planetaria e un numero di vittime compreso fra i 50 e i 100 milioni di morti. Una falcidie che si abbatté su numerosi paesi già duramente provati dalle conseguenze della Prima guerra mondiale.
Josiane Ricci, direttrice della sezione ticinese della CRS
Fra tutti gli Stati europei, la Svizzera fu tra quelli più colpiti: due milioni di persone contagiate e quasi 25'000 morti. Anche il Ticino subì severe conseguenze per la diffusione della malattia. E in un contesto segnato da povertà e precarietà, spiccò l'abnegazione dei soccorritori della Croce Rossa Svizzera: la sezione di Bellinzona era stata creata nel 1901; quella del Luganese nel 1917, un anno prima dell'esplosione della pandemia.
Una settantina le infermiere che persero la vita, dopo essere state contagiate dal virus
"La Croce Rossa ricevette l'incarico dal Consiglio federale di creare strutture di convalescenza per i soldati" impegnati nella mobilitazione, ricorda
Josiane Ricci, direttrice della sezione ticinese della CRS. Ma chi erano i soccorritori di allora? "Persone volontarie come adesso, generose, con voglia di mettersi in gioco e di dare". E ben consapevoli dei rischi legati al loro impegno: furono una settantina le infermiere impegnate nelle cure ai malati, che persero la vita dopo aver contratto la malattia.
CSI/ARi