Un tremendo equivoco. La notte del 2 ottobre 2013, il 30enne M.M. potrebbe essere deceduto per un pensiero sbagliato sorto nelle menti annebbiate da droga e alcol dei due coetanei che aveva invitato a casa sua a Brissago. A far planare il tragico dubbio nell’aula penale di Lugano venerdì pomeriggio è stato il principale imputato: Luca Buzzi, patrocinato dall’avvocato Marzio Gianora, accusato di assassinio.
"O muoio io o muore lui"
Il 27enne locarnese ha sostenuto di aver ingaggiato la lotta conclusasi con la morte del conoscente poiché "credevo fossimo finiti nella casa di un maniaco. Ho avuto paura che volesse abusare di lei e di me. Ero rabbioso e ho agito per primo: l’ho spinto. Ci siamo picchiati molto violentemente. Mi dicevo: o muoio io o muore lui".
I dettagli di quanto avvenuto in seguito sono invece ancora in gran parte misteriosi. Forse lunedì la testimonianza della coimputata, la 34enne Barbara Maiullari, permetterà di fare un po’ di chiarezza sui momenti salienti. Le versioni che hanno fornito durante l’inchiesta discordano su molti aspetti.
"Non ho aiutato Luca a uccidere"
Lei, appena ha potuto parlare, affiancata dall’avvocata Giorgia Maffei, ha affermato: "non stavamo insieme e non ho aiutato Luca a uccidere".
I due imputati si smentiscono a vicenda. Per lui M.M. "faceva paura". Per lei "non era aggressivo". Quando uno parla, l’altro scuote la testa sconsolato. Si ha l’impressione che cerchino vicendevolmente di aggravare la posizione dell’altro per alleggerire la propria. Un atteggiamento che complica il tentativo di arrivare alla verità.
Luca Buzzi (ribadendo: "voglio assumermi le mie responsabilità") sostiene di aver smesso di picchiare dopo aver reso inoffensiva la vittima schiacciandola a terra con il ginocchio sul suo petto. Secondo il procuratore Paolo Bordoli ha invece continuato a colpire e a schiacciare il petto di M.M., anche con una sedia, fino ad ucciderlo per asfissia.
A dormire dopo aver ucciso
Sopraffatta la vittima, Luca Buzzi va in camera, cambia i pantaloni pieni di sangue e si butta sul letto. Lei va in bagno. Entrambi si addormentano. Arriva il giorno del 3 ottobre. Al risveglio hanno la certezza che M.M. è morto e decidono di bruciare tutto.
Il fuoco non ripara tutto
Per cancellare le tracce cospargono di spirito da ardere l’appartamento e il corpo; arraffano quanto possono e appiccano le fiamme. Poco dopo arrivano i pompieri e si scopre il cadavere. Il corpo di un 30enne fragile, con la passione per la musica, morto, forse, perché l’allora 25enne – carico di sostanze stupefacenti e con al fianco quella che riteneva la sua ragazza - è caduto in equivoco. Un tragico equivoco.
Diem
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