Ticino e Grigioni

Polizia cantonale, perché c’è voglia di evasione dal corpo

I risultati di un sondaggio, promosso dai sindacati, evidenziano un malessere - Il parere del presidente della sezione ticinese della Federazione dei funzionari di polizia

  • Oggi, 19:23
  • 2 ore fa
07:15

Il malessere del corpo della polizia cantonale

SEIDISERA 09.10.2025, 18:00

Di: SEIDISERA-Marcello Ierace-Romina Lara/Spi 

Sette agenti su dieci della polizia cantonale hanno già pensato almeno una volta di lasciare il corpo. È il dato più allarmante che emerge dal sondaggio promosso dai sindacati OCST e VPOD e dalla sezione ticinese della Federazione svizzera dei funzionari di polizia. SEIDISERA ha approfondito questa rilevazione alla quale hanno risposto quasi 350 poliziotti. Anche per capire come mai il 25% degli intervistati ha dichiarato di cercare attivamente un nuovo impiego.

A monte dei preoccupanti risultati, pubblicati giovedì dal CdT, ci sarebbero la diminuzione degli agenti per strada, più burocrazia, più pressione. Il clima interno ne risentirebbe, anche perché la base si percepisce sempre più distante e meno ascoltata dai vertici. Ne conseguono frustrazione e un peggioramento della salute psicofisica. D’altra parte, la polizia ticinese resta una delle più numerose in rapporto alla popolazione e quindi apparentemente i numeri non confermerebbero queste difficoltà.

Ma i numeri non dicono tutto, come rileva Ivan Cimbri, commissario nella Scientifica e presidente della sezione ticinese della Federazione svizzera funzionari di polizia: “Il personale sicuramente è cresciuto negli anni, però con lui è cresciuto anche l’impegno. Quindi in questo momento abbiamo una sorta di erosione per la forza lavoro che si occupa di un determinato compito”.

Quanto all’elevata percentuale di agenti che hanno pensato almeno una volta di lasciare il corpo, Cimbri sottolinea che “la mia generazione aveva altre prospettive di carriera e di mantenimento del posto di lavoro nel lungo termine. Le nuove generazioni non hanno più questa prospettiva, il fatto di cambiare lavoro non è più così anormale come poteva essere un tempo. Inoltre le condizioni di lavoro garantite della polizia cantonale non sono altrettanto allettanti rispetto alla concorrenza diretta”.

Ma cosa rende il lavoro nella polizia comunale più attrattivo? “Io il passaggio non l’ho mai fatto, non l’ho mai valutato”, premette il commissario Cimbri. “Però ci sono obiettivamente dei vantaggi. Già solo il fatto che le comunali lavorano attorno alle 40 ore, mentre noi ne facciamo 42. Le responsabilità e, per certi versi, lo stress che si soffre all’interno del corpo della cantonale è sicuramente maggiore. I giovani vedono la conciliabilità lavoro-famiglia in modo più marcato della mia generazione. C’è questa esigenza e la cantonale forse non riesce a garantire questo genere di flessibilità”.

C’è inoltre il fatto che polizia cantonale negli ultimi decenni è cambiata. “È cambiato tutto, è cambiata la società, è cambiato il nostro mondo”, non solo, continua Cimbri, “è cambiata molto anche la pressione che l’agente di polizia percepisce su di sé. Perché qualsiasi cosa avvenga si finisce sui social, sui media e naturalmente anche questo genera sicuramente un certo disagio e può portare a delle difficoltà”.

Pizolli: “Il Comando è aperto al dialogo”

I risultati del sondaggio sono stati presentati mercoledì sera in un’assemblea congiunta, alla quale hanno anche preso parte dei rappresentanti del Comando della polizia cantonale. Renato Pizolli, responsabile del servizio comunicazione della stessa polizia, ai microfoni della RSI, fa una premessa: “Il Comando ha espresso da subito apertura al dialogo e alla ricerca di soluzioni. Soluzioni che in alcuni casi, come nel contesto della formazione di quadri, sono già in corso d’opera. Ci tengo anche a dire che ci sono altri aspetti che competono ad altre autorità. Come quella politica, quando parliamo di riduzione di ore di lavoro o aumento di effettivi”.

Quanto ai dati più allarmanti, ad esempio che un quarto degli interpellati sta già cercando un altro lavoro, Pizolli preferisce evidenziare un altro aspetto: “Per noi è confortante osservare che la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di sentire un forte senso di appartenenza e attaccamento al corpo. È chiaro che nel corso di una vita professionale, forse ognuno di noi, e mi ci metto anch’io, può aver pensato di guardare altrove rispetto alla propria carriera professionale. Quanto al 25% che sta cercando ora un altro lavoro, è un dato su cui bisogna prestare attenzione e comprendere le reali motivazioni. Il mercato del lavoro con le nuove generazioni è comunque più mobile”.

Zali per ora non si esprime

Ma la politica cosa sta facendo? Attualmente ci sono due grandi cantieri aperti. Da una parte c’è la revisione della legge di polizia del 1989, su cui si sta lavorando da un paio di anni e se ne sta discutendo ora nella Commissione Giustizia e diritti del Gran Consiglio. L’obiettivo è di andare al voto in Parlamento entro gennaio 2026. E poi c’è il progetto Polizia Unica su cui si sta svolgendo una consultazione perché, come noto, i Comuni hanno espresso perplessità e critiche.

Il Governo non ha invece reagito ai risultati di questa consultazione. La RSI ha contattato il consigliere di Stato Claudio Zali che, dopo l’arrocco, è il responsabile politico della polizia. Zali ha però preferito non esprimersi in quanto, dice di non aver ancora ricevuto ufficialmente i risultati di questo sondaggio.

Bocche cucite anche tra gli agenti. Nessuno ha voluto esporsi, nonostante la garanzia di totale anonimato. E questo, come ci hanno confermato i rappresentanti sindacali, è sintomo evidente di un clima quantomeno poco favorevole.

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