Ticino e Grigioni

Una “sforbiciata” alle vacanze estive?

Una mozione chiede di accorciare di una/due settimane l’attuale interruzione delle lezioni - Un dibattito, nato cinquant’anni fa, che torna a infiammare il Ticino

  • Oggi, 07:25
  • Oggi, 12:04
Per ora non c'è pericolo: il 18 giugno si chiude.jpg

Per ora non c'è pericolo: il 18 giugno fine delle lezioni

  • Tipress
Di: Stefano Pianca 

“Anziché rappresentare un’occasione di riposo, la pausa costituirebbe un affaticamento per niente funzionale al lavoro scolastico”. In Ticino la politica è tornata di recente a occuparsi del calendario scolastico. Ma la citazione qui riportata proviene da un documento del febbraio 1977 con cui l’allora Dipartimento della pubblica educazione (l’odierno DECS) presentava vantaggi e svantaggi dell’introduzione del “sabato libero” generalizzato. Con l’anno scolastico 1977/78 veniva infatti abolito il sabato mattina in classe. Fino a quell’anno, nelle scuole elementari e in quelle che oggi sono le scuole medie, ossia le scuole maggiori e il ginnasio, il weekend durava un giorno e mezzo (con alcune deroghe concesse a Comuni e Consorzi scolastici o su istanza confessionale). In compenso il mercoledì pomeriggio era libero in tutte le scuole dell’obbligo.

È stata questa l’ultima grande riforma di calendario e ne parliamo perché, in un certo senso, si lega alla recente mozione del Verde Matteo Buzzi che chiede di accorciare le vacanze estive di una/due settimane. L’attuale piano annuale, fondato sulle 10 settimane di pausa estiva, prende infatti forma mezzo secolo fa. Allora le scuole cantonali chiudevano generalmente il 15 giugno e riaprivano il 15 settembre. Il discorso sarebbe ancora più lungo, se lo ampliassimo alla prima metà del ‘900, quando il ciclo delle ferie scolastiche in Svizzera (ma verrebbe da dire ovunque) ricalcava quello agricolo. I ragazzi servivano per i lavori nei campi al momento dei raccolti. Da qui, ad esempio, le “vacances de patates” in ottobre nel Canton Friburgo quando si trattava di cavare i tuberi dal terreno.

Il sabato mattina in classe durò sino all’anno scolastico 1977/78 quando, per “sincronizzare” la settimana scolastica con quella lavorativa, i bambini (e le famiglie, perché di queste soprattutto era l’istanza) beneficiarono dei due giorni liberi. Quella mattina di lezioni perse non fu compensata cancellando il mercoledì pomeriggio libero, ma accorciando l’estate. La novità, ed è curioso rilevarlo alla luce delle perplessità attuali, dovette vincere delle resistenze. Tra i “probabili svantaggi” del weekend di due giorni, come lo conosciamo oggi, venivano evocati quelli derivanti dall’eventualità che “la famiglia dovesse sistematicamente impegnare il sabato e la domenica per quei tipi di svago che, in effetti, sono dei veri e propri ‘tour de force’”. Ai timori che i ragazzi tornassero stravolti in classe il lunedì, se ne aggiungevano altri di tipo pedagogico. La pedagogia dell’epoca, beninteso. Lo stesso documento sulla “settimana corta” accenna infatti al rischio che la pausa di due giorni pieni nuoccia all’apprendimento: “Dobbiamo ribadire che le ricerche psicologiche hanno ormai accertato che esso (l’apprendimento, ndr) risulti più difficile quanto maggiore è la pausa che intercorre tra una settimana e l’altra”. Il ferro, secondo la siderurgica saggezza, si batte infatti quanto è caldo.

Il valore educativo della vacanza

Nel frattempo sono trascorsi quasi cinquant’anni, ma la durata dell’estate non è sostanzialmente cambiata (la ripartenza delle lezioni dal 2010/2011 è sempre legata al primo lunedì utile di inizio settembre o di fine agosto). Nei primi tempi, tuttavia, tornare in classe il 1. settembre era fuori discussione, e per avere una ripresa così precoce si deve aspettare l’anno 1986/87. Il calendario scolastico più generoso con i ragazzi fu probabilmente quello del 1980/81, quando le lezioni ripresero l’8 settembre, poi naturalmente è una “coperta corta”, prima si ricomincia e prima si finisce.

È altresì un dato di fatto che il Canton Ticino, con 10 settimane di pausa tra giugno e settembre, è il più generoso con gli studenti. Segue il Vallese dove, come ricorda la mozione di Buzzi, le vacanze estive sono di 7,5 settimane (con variabili a livello dei Comuni), quindi con 7 settimane Ginevra, Giura, Uri e Vaud. In coda, con 5 settimane, Zurigo, Berna, San Gallo e altri sette cantoni.

Ma davvero l’estate è troppo lunga? Non ne è per nulla convinto Ilario Lodi: “Le famose 10 settimane di vacanza estiva sono, dal punto di vista educativo, un’occasione fenomenale che i ragazzi hanno di vivere una collettività diversa da quella della scuola”, dice alla RSI il direttore di Pro Juventute Svizzera italiana, che non ritiene essere una buona idea accorciarle.

La riforma proposta appunto dalla citata mozione chiede infatti al Governo di ridurre di una o due settimane la durata delle vacanze estive (preferibilmente rientrando in classe già verso la metà di agosto, mese in cui è meno probabile che ci siano delle canicole). L’autore della proposta, Matteo Buzzi, che è climatologo, non sottovaluta le temperature, ma parla anche di “margini di adattamento accettabili”: “In prospettiva – ci dice lo stesso deputato dei Verdi – andranno studiate delle modifiche alle infrastrutture e all’organizzazione stessa della scuola durante il periodo estivo”.

Al tempo stesso Buzzi chiede di istituire una settimana di vacanze aggiuntiva, prima della ‘settimana dei morti’ e/o di aumentare la durata delle vacanze di Pasqua. La ragione di fondo? La pianificazione e l’organizzazione dei mesi estivi per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano è, si legge nel testo, “sempre più complicata e onerosa”.

Le vacanze estive? “Troppo lunghe”

Ma non ci sarebbe solo questo, ricorda la granconsigliera Maddalena Ermotti-Lepori (il Centro), la cui firma è una delle dieci in calce alla mozione. “La mozione – spiega alla RSI la docente in pensione – lascia immutato il numero complessivo dei giorni di scuola, ma chiede di accorciare le vacanze estive che, a mio modo di vedere, sono troppo lunghe”. Ci sono due aspetti critici nell’attuale calendario. Da un lato, secondo Maddalena Ermotti-Lepori, “i genitori che lavorano faticano a trovare a chi lasciare i figli durante l’estate e per alcune famiglie ciò rappresenta anche un problema in termini di costi”.

D’altro lato, prosegue la deputata, “sono stata docente e posso dire che dopo le vacanze estive, troppo lunghe, gli allievi tendono a dimenticare quanto appreso. Staccare invece per due settimane, ad esempio, nelle vacanze dei ‘morti’ a novembre permetterebbe ai ragazzi di riposare e ripartire con più slancio”. L’effetto oblio colpirebbe in particolare, “secondo diversi studi”, come riporta la mozione, la matematica.

Argomenti che, come detto all’inizio, non convincono il direttore di Pro Juventute, che anzi difende “il valore educativo” delle vacanze estive. “Durante questo periodo – dice Ilario Lodi – i ragazzi possono vivere esperienze collettive diverse da quelle scolastiche. Ma di cosa è fatta questa collettività? È fatta, ad esempio, di colonie di vacanza, di campi scout, viaggi, attività all’aperto e persino esperienze lavorative”. Esperienze che, spiega, “i ragazzi possono maturare sul lungo periodo, consolidando nuove amicizie, conoscendo meglio i luoghi in cui vivono, imparando ad abitarli e quindi a farci delle cose in maniera continuativa”.

Il tema della continuità, prosegue Lodi, è “fondamentale, perché l’educazione richiede tempi lunghi e l’estate rappresenta un’occasione per fare esperienza educativa sul lungo periodo”.

Ma c’è un aspetto di fondo per cui il direttore di Pro Juventute contesta la proposta: “Non mi convince perché si tratterebbe di adattare un bisogno educativo a delle esigenze di politiche familiari. Detto tra virgolette, far pagare ai ragazzi dei problemi di natura familiare”. Problemi, quelli dei costi, che però non vanno neppure ribaltati sulle famiglie con poche risorse. Ma, obietta il nostro interlocutore, “qui entra in gioco il ruolo dello Stato, che deve sostenere e agevolare tutte quelle esperienze di collettività, come ad esempio, le colonie di vacanza, i viaggi, le esperienze all’estero, eccetera. Perché lo Stato dovrebbe disimpegnarsi durante il periodo estivo? È anzi responsabilità dello Stato avere cura, più di quanto lo fa oggi, dei propri giovani anche durante i mesi in cui la scuola è chiusa. E non mi si venga a dire che non ci sono i soldi per poterlo fare”.

03:34

L'inizio della scuola a Brè

RSI Info 29.08.2022, 18:51

  • RSI

Cinquant’anni fa si temeva che il weekend lungo avrebbe intralciato l’apprendimento dei ragazzi. Figurarsi l’estate, con i suoi pomeriggi troppo azzurri e lunghi. Ma anche questo è un argomento che non convince Lodi: “Alcuni studi dicono che i ragazzi dimenticano? Io sono convinto che ci siano altrettanti studi che dimostrano che il ragazzo dopo l’estate possa apprendere ancora più velocemente. Se oggi un ragazzo ha dei problemi a scuola non è per per le difficoltà con le materie che incontra, ma per problemi di natura relazionale. Queste argomentazioni, peraltro, dimostrano che la preoccupazione degli adulti è sulla funzionalità del ragazzo e non sulla sua capacità e sul bisogno di fare esperienza”.

Alla proposta per “una ridistribuzione più equilibrata delle vacanze”, il deputato Matteo Buzzi ne accompagna un’altra. Sua è anche la mozione che chiede, sull’esempio di quanto avviene in altri diciassette Cantoni svizzeri, “l’introduzione di almeno due giornate jolly nella scuola dell’obbligo”. Giornate, aggiunge, “molto apprezzate dalle famiglie in quanto possono essere prese liberamente e senza giustificazione presso le Direzioni scolastiche”.

Su questa eventualità, entrambi i nostri interlocutori, si dicono contrari. “Dico no ai giorni ‘jolly’ perché se un ragazzo è assente non è per questo che la scuola si ferma - dice Maddalena Ermotti-Lepori -. Una volta rientrato sarebbe perciò obbligato a recuperare le lezioni perse con un rallentamento anche per l’insegnante. Mi sembra inoltre un’idea poco rispettosa della Scuola. Si fa passare il concetto che perdere un giorno non cambi nulla e che in classe non si faccia molto. Mentre invece il programma va avanti. Tutti sono lì per imparare e il rischio è che, con questi giorni jolly, i più deboli rimangano ulteriormente indietro”. 

Contrario, ma per ragioni in parte diverse, è il direttore di Pro Juventute: “Se un ragazzo perde una giornata di scuola non cambia sicuramente nulla. Ma è il concetto che sta dietro alla proposta che mi interessa. Ossia se la scuola è funzionale alla famiglia oppure se la scuola è uno degli ultimi baluardi di collettività. Io sostengo evidentemente il secondo, quello della sacralità della scuola che per me va rispettata anche in cose piccole come questa dei giorni ‘jolly’. L’aspetto che non mi piace è che le famiglie vadano a dire alla scuola quello che la scuola può o non può fare, perché questo non fa collettività, ma fa individualità. E l’individualizzazione delle esperienze oggi, secondo me, è il problema numero uno della nostra società. Abbiamo perso la capacità di stare insieme e la scuola, in quanto istituzione, rappresenta l’ultimo baluardo di collettività e quindi va rispettata”.

02:25

Vacanze estive sotto la lente

Il Quotidiano 09.06.2025, 19:00

rsi_social_trademark_WA 1.png

Entra nel canale WhatsApp RSI Info

Iscriviti per non perdere le notizie e i nostri contributi più rilevanti

Correlati

Ti potrebbe interessare