Patti chiari

Pane senza frontiere

Patti chiari del 16.5.25 - Un’inchiesta di Patti chiari per poter dire pane al pane

  • Ieri, 22:00
1:06:26

Pan senza frontiere

Patti chiari 16.05.2025, 20:40

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Di: Chiara Camponovo, Michele Rauch, Lorenzo Pomari, Simona Bellobuono 

Lo chiamano “pane ticinese”, un pane bianco, fatto di piccole pagnotte assemblate, inconfondibile. Beh, noi di Patti chiari le carte le abbiamo confuse: lo abbiamo fatto degustare, rigorosamente alla cieca, a dei professionisti. 18 pani ticinesi - artigianali e non - per una prova mai vista prima. E le sorprese non sono mancate. A spuntarla è stato il pane ticinese della panetteria El Prestin dal Corda di Gordola (il secondo meno caro tra i 12 acquistati in panetteria). Una questione di gusto, di consistenza e di leggerezza che ha visto trionfare un pane fatto artigianalmente. Medaglia d’argento per la panetteria luganese Marina. In terza posizione, a sorpresa, il pane di un supermercato: quello di Manor. I prodotti degli altri 5 supermercati, meno cari rispetto a quello di Manor, si piazzano tutti nelle zone basse della classifica. Dove ritroviamo a sorpresa anche due pani comprati in panetteria: quelli di Borenco (Minusio) e Peri (Verscio).

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Ma più in generale: che cosa sappiamo del nostro… pane quotidiano? Da dove viene? Chi lo fa? È proprio da queste domande che siamo partiti per conoscere meglio uno dei prodotti più semplici delle nostre tavole. E occhio, perché di cose che non sapete ce ne sono tante. Fino all’anno scorso ad esempio non era nemmeno obbligatorio dire da che nazione venisse il pane che compriamo sfuso al supermercato o in panetteria. Una mancanza di informazioni che ci ha fatto sempre supporre che tutto il nostro pane fosse svizzero. Ebbene così non è. Ora tutti i punti vendita che propongono pane a libero servizio, non imballato, devono indicarne l’origine. Per legge. E con la nuova normativa sono arrivate le sorprese: molti dei prodotti in vendita, soprattutto nei discount, è di origine estera: Polonia, Germania, Slovacchia, Portogallo, Francia, Grecia e chi più ne ha più ne metta. Da Lidl il 44% del pane viene dall’estero, da Aldi la percentuale è del 33%. E allora appare chiaro che questo pane “fresco” in realtà proprio fresco non è. Anche panetterie, stazioni di servizio, paninoteche e ristoranti devono indicare con precisione l’origine di tutto il loro pane. Ma queste nuove regole sono rispettate? Noi abbiamo fatto un piccolo test e l’esito non è stato dei più positivi.

Risultato del test dell’indicazione d’origine del pane

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Certo conoscere l’origine del pane non significa sapere come e da chi viene fatto, anzi! Patti chiari ha cercato di capire meglio la realtà del pane industriale estero scontrandosi con un muro di silenzio.

I supermercati non amano comunicare su questo argomento: impossibile sapere chi sono i loro fornitori europei, difficilissimo entrare in contatto con delle aziende produttrici. Eppure, online di siti che propongono pane industriale ce ne sono eccome e dando un’occhiata si scopre un po’ di tutto: si tratta quasi sempre di impasti surgelati precotti, conservabili per mesi, anche oltre l’anno, tutti uguali, e dove non mancano conservanti e stabilizzanti. Noi però non lo sappiamo, anzi: abbiamo l’impressione di un pane appena sfornato visto che lo troviamo caldo e profumato in negozio. Questo tipo di pane è ormai dominante nei supermercati e ci sono anche aziende svizzere che ne producono. Insomma, è ormai una realtà ovunque. E allora non dovrebbe essere obbligatorio indicare non solo l’origine del pane ma anche il modo in cui viene fatto? Non si dovrebbe indicare chiaramente che spesso il pane del supermercato è precotto? Che si tratta di pane industriale a tutti gli effetti anche se porta la bandierina svizzera? In altri paesi europei i consumatori queste informazioni le hanno da tempo. La Svizzera ha ancora un po’ di strada da fare.

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