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El Salvador, i 14 mesi di guerra alle bande armate

Il presidente Nayib Bukele ha promesso tolleranza zero - Tra ammirazione e denunce, il suo metodo è diventato sia un modello sia una minaccia per la regione

  • 22 maggio 2023, 14:51
  • 14 settembre 2023, 16:54
Arresto

Arresto

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Di: Laura Daverio

Uno dei gruppi più numerosi di aspiranti richiedenti asilo alla frontiera tra Messico e Stati Uniti proviene da El Salvador. Quando si chiede loro perché abbiano lasciato il paese, la risposta è comune, fuggono dalla “mara”, i potenti gruppi criminali armati responsabili di tanta violenza nel paese.

Nel 2015 El Salvador contava il numero di omicidi pro-capite più alto al mondo con 104 vittime ogni 100’000 abitanti, un numero drasticamente ridotto a 7,8 nel 2022, almeno secondo dati ufficiali. È il risultato della campagna lanciata a marzo dello scorso anno dal presidente Nayib Bukele contro il crimine, in seguito a una giornata di estrema violenza in cui sono rimaste uccise 62 persone. Il giorno dopo il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza, una condizione che tra l’altro dà alle forze dell’ordine il potere di condurre arresti e incarcerare cittadini senza i limiti che normalmente la legge prevede. Una misura drastica che dovrebbe durare al massimo 30 giorni e che nel paese continua ormai da 14 mesi.

Nayib Bukele

Nayib Bukele

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Sono cominciati gli arresti di massa in quartieri noti per la malavita. Si finisce in manette sulla base di semplici segnalazioni o per un tatuaggio, per precedenti accuse provate o no, o trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Oggi il 2% della popolazione è in prigione, il paese ha raggiunto l’indice di incarcerazione più alto al mondo. Non si parla di giustizia, la retorica ufficiale punta alla vendetta, cavalcando l’onda del dolore di chi è rimasto vittima della violenza e la paura di chi ha vissuto sotto il controllo di bande armate. Si è costruita una nuova mega prigione con la capacità di oltre 40’000 persone. Immagini delle condizioni dei prigionieri sono state diffuse con orgoglio attraverso i media.

In carcere

In carcere

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Nonostante le denunce di arresti sommari, tortura e perfino morti in detenzione, il modello Bukele sta raccogliendo grandi consensi non solo tra la popolazione, ma tra altri leader in America Latina. L’Honduras ha dichiarato lo stato di emergenza il 6 dicembre dell’anno scorso. Un candidato presidenziale in Guatemala sta pubblicizzando il “modello El Salvador” per combattere la violenza. Messaggi di congratulazioni sono arrivati da politici in Perù e Argentina.

Si teme però che la riduzione del crimine raggiunta oggi, non garantisca i risultati nel medio e lungo termine. L’approccio della campagna di Bukele è repressivo, ma non sta cambiando le condizioni economiche e sociali che hanno prodotto la malavita nel paese.
Nel frattempo Bukele è riuscito ad imporre il controllo totale sul sistema giudiziario, inclusa la Corte suprema che ha votato per permettere un secondo, consecutivo termine presidenziale, nonostante lo proibisca la costituzione.

Bukele ha già dichiarato che si ripresenterà come candidato nel 2024 e la guerra al crimine è la sua carta vincente. Lungo il percorso ha già minato la fragile democrazia nel paese, imponendo un nuovo modello di autoritarismo nella regione.

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