ANALISI

Dalai Lama: una successione che scotta

La questione, dopo l’annuncio odierno del capo del buddismo tibetano, minaccia di suscitare forti tensioni con la Cina e ripercussioni a livello internazionale

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La successione del Dalai Lama

SEIDISERA 02.07.2025, 18:00

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Di: Lorenzo Lamperti 

Ora è ufficiale. L’istituzione del Dalai Lama proseguirà anche dopo la lunga era di Tenzin Gyatso, che ricopre la più alta carica del buddismo tibetano sin dal 1939. È stato lui stesso ad annunciarlo, in un atteso discorso in previsione del suo novantesimo compleanno, che cade domenica 6 luglio. Ma la questione è tutt’altro che chiusa e rischia di creare forti tensioni con la Cina, nonché ripercussioni sul fronte internazionale e nei rapporti tra Pechino, l’India, gli Stati Uniti e l’Occidente in generale.

Partiamo dall’annuncio di Tenzin Gyatso. L’elemento fondamentale è la continuazione del suo ufficio, che era stata messa in dubbio negli ultimi anni, soprattutto per l’eccezionalità della situazione in cui va individuato il successore. Per la prima volta, infatti, questo avverrà al di fuori dell’effettivo territorio del Tibet, visto che il Dalai Lama si trova in esilio a Dharamsala (India) sin dal 1959. Il secondo elemento cruciale è l’esclusione della Cina da qualsiasi ruolo nel processo di nomina. Tenzin Gyatso ha infatti ribadito che il processo di individuazione del successore sarà gestito esclusivamente dal Gaden Phodrang Trust, vale a dire l’ufficio del Dalai Lama, escludendo ogni ingerenza del governo cinese. Si tratta di una conferma di quanto aveva già scritto nel libro “Voice for the Voiceless”, pubblicato lo scorso marzo: il futuro Dalai Lama nascerà in quello che Tenzin Gyatso definisce “mondo libero”, cioè fuori dalla Cina continentale. Attenzione però anche al terzo elemento, non meno importante: la reincarnazione avverrà dopo la sua morte e non attraverso un’emanazione adulta già esistente.

In questo modo, non solo il Dalai Lama si allinea alla tradizione religiosa, ma concede ulteriore tempo per l’individuazione dell’erede e per un ipotetico (ma assai complicato) dialogo tra le autorità tibetane in esilio e il governo cinese.

Prende però sempre più corpo l’ipotesi di un doppio Dalai Lama. La Cina sostiene di avere ereditato il diritto di conferma della nomina, che in passato veniva esercitato dalla dinastia imperiale Qing. Storicamente, quando un Dalai Lama moriva, si formava un consiglio di alti lama per cercare la sua reincarnazione. Nel processo di selezione, noto col nome di “urna d’oro” il consiglio consultava vari segni e oracoli, nonché gli scritti e gli insegnamenti del Dalai Lama stesso, per farsi guidare nella ricerca che si concludeva solitamente con l’individuazione di un bambino nato intorno al periodo della morte del predecessore. Una volta identificata una potenziale reincarnazione, al bambino veniva presentata una serie di oggetti appartenuti al precedente Dalai Lama e gli veniva chiesto di identificare quali gli appartenessero. Nel caso di un superamento del test, si chiedeva poi la conferma definitiva di un’autorità politica. Il governo di Pechino ritiene di essere quella autorità, nonostante sia la prima volta che ci si trova in questa situazione dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese e l’ascesa al potere del Partito comunista. In questi giorni, i media statali cinesi hanno ribadito che la reincarnazione del Dalai Lama “non potrà mai essere decisa da un singolo individuo”, definendo “assurda” l’ipotesi di una nomina al di fuori del territorio tibetano e cinese.

Potrebbe dunque ripetersi quanto accaduto nel 1995, quando un bambino di 6 anni fu scelto come Panchen Lama, la seconda carica del buddismo tibetano. Allora, il piccolo fu preso in custodia dalle autorità cinesi che lo sostituirono con un loro candidato. Proprio poche settimane fa, il Panchen Lama cinese è stato inusualmente ricevuto dal presidente Xi Jinping, a cui ha promesso di dare il proprio contributo al rafforzamento di “un forte senso di comunità per la nazione cinese” e al progresso sistematico della “sinizzazione della religione”. Il messaggio di Pechino è chiaro: la Cina controllerà il futuro spirituale del Tibet. Potrebbero esserci così due Dalai Lama: uno nominato dalle autorità religiose tibetane in esilio e appoggiato dall’Occidente, l’altro nominato dalla Cina.

Difficile immaginare un compromesso. Dopo la repressione della grande rivolta tibetana del 2008, i rapporti tra Pechino e Dalai Lama sono peggiorati, precipitando dopo lo scorporo tra potere spirituale e politico effettuato nel 2011 da Tenzin Gyatso, con l’istituzione di un governo civile in esilio. Di recente, i suoi funzionari hanno incontrato diversi politici internazionali. In particolare, nel giugno 2024 è stata a Dharamsala una delegazione di primo livello del Congresso degli Stati Uniti guidata dall’allora presidente della commissione esteri Michael McCaul e dalla ex presidente della Camera Nancy Pelosi. Il tutto mentre l’amministrazione Biden approvava una legge che estendeva il supporto alla causa tibetana.

La vicenda della successione del Dalai Lama pare dunque destinata a generare tensioni anche internazionali. Chiunque riconoscerà o ospiterà il Dalai Lama nominato dalle autorità tibetane in esilio potrebbe essere minacciato di ritorsioni da parte di Pechino, come già accade sulla questione di Taiwan. Si rischiano ripercussioni anche sull’irrisolta questione del confine conteso tra Cina e India, che si estende alle porte del Tibet, regione che sarà sempre più cruciale anche per le sue risorse idriche. La priorità di Pechino potrebbe essere proprio quella di mettere in sicurezza la stabilità della regione autonoma. Da decenni, il governo cinese porta avanti una strategia di integrazione e sinizzazione che segue due binari: infrastrutture e investimenti economici da una parte, assimilazione culturale e linguistica dall’altra, tanto che ormai anche nei documenti in inglese viene usato il nome in mandarino del Tibet: Xizang. La successione del Dalai Lama potrebbe rivelarsi uno snodo critico, in grado di riaprire potenziali tensioni interne e aggiungere un’altra “linea rossa” ai rapporti internazionali della Cina.

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RG 12.30 del 02.07.2025 - La corrispondenza di Chiara Reid

RSI Info 02.07.2025, 12:40

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Il Dalai Lama si reincarnerà

Telegiornale 02.07.2025, 12:30

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