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Uvalde come Sandy Hook

La strage del 2012 diede il via a tentativi di riforma sulle armi. Il ricordo del corrispondente RSI di allora

  • 25 maggio 2022, 14:42
  • 26 giugno 2023, 11:57
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Il luogo dove è avvenuta la strage

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Venti bambini tra i 5 e i 10 anni uccisi mentre erano in classe nella loro scuola elementare. Altri sei adulti assassinati. Il 14 dicembre del 2012 la strage alla scuola elementare Sandy Hook di Newtown, in Connecticut, aveva paralizzato gli Stati Uniti in un'ondata emotiva di incredulità e orrore.

"Non c'è un genitore in America che non provi il dolore che provo io", aveva detto Barack Obama cercando di asciugarsi le lacrime nel ricordo del futuro spezzato delle giovanissime vittime. Nessun giornalista lo aveva mai visto piangere dal podio della Casa Bianca.

Non si trattava certo del primo "mass shooting" dell'era Obama e prima di allora la risposta era sempre stata simile: la comunità colpita stretta in veglie di cordoglio e il Paese che si interroga sulle cause, poi il dibattito politico tra chi vuole un giro di vite e chi sostiene che il problema non sono le armi, fino alla strage successiva.

"L'unica cosa che ferma un uomo cattivo armato è un uomo buono armato" aveva detto pochi giorni dopo il massacro di Sandy Hook, il leader della National Rifle Association, la lobby proarmi, Wayne la Pierre. Ma la gravità dell'accaduto, la determinazione di fare qualcosa, la giovanissima età delle vittime, lasciavano pensare che la risposta politica, l'introduzione di nuove regole a livello federale, non sarebbe più stata impossibile.

Pochi giorni dopo la strage Obama incaricò Joe Biden, allora vicepresidente, di guidare una task force per proporre cambiamenti. Alcuni familiari delle vittime e i politici del Connecticut cominciarono a venire a Washington per chiedere una riforma. Le proposte non erano radicali: introduzione un divieto delle armi semiautomatiche e dei caricatori ad alta capienza, maggiori controlli nelle vendite tra privati.

Nell'aprile del 2013, a neanche due anni dalla strage, non raggiunsero la maggioranza necessaria e naufragarono al Congresso con alcuni voti contrari anche tra i democratici: troppo forte l'opposizione della NRA, troppo profonde le spaccature politiche a Washington, troppo ideologiche le posizioni sulla difesa del secondo emendamento.

Obama cercò di reagire con ordini esecutivi, decreti presidenziali contro quella che nel gennaio del 2016 definì un'epidemia: "Siamo l'unico Paese avanzato al mondo che vive violenze di massa di questo tipo con tanta frequenza", disse, ancora una volta tra le lacrime. Un anno dopo le misure furono stralciate dal suo successore, Donald Trump, e da allora le uniche riforme degne di nota vennero approvate a livello locale, nei singoli Stati.

Thomas Paggini, ex corrispondente dagli Stati Uniti

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