Cronaca

In clinica più frontalieri che residenti

Nella sanità ticinese il 19% dei lavoratori abita in Italia. Il primato è delle strutture terapeutiche private: oltre la metà degli addetti alle cure è domiciliata oltre confine

  • 25 marzo 2014, 15:24
  • 6 giugno 2023, 14:45
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Venissero a mancare i 600 frontalieri che lavorano nei suoi ospedale l'Ente cantonale dovrebbe chiudere il Civico di Lugano o il San Giovanni di Bellinzona oppure sia la Beata Vergine di Mendrisio che La Carità di Locarno

  • Ti-Press / Ti-Press

Un buon numero di ospedali, cliniche e case per anziani ticinesi sarebbe destinato a chiudere se non dovesse più poter contare sui frontalieri. A fine 2012 all'incirca il 15% dei collaboratori delle strutture socio-sanitarie era residente in Italia con un ulteriore aumento rispetto all'anno precedente (si veda il grafico a fianco).

La quota dei frontalieri impiegati nelle varie strutture presenta notevoli differenze (si veda la tabella a fianco). In seno all’Ente ospedaliero cantonale non supera il 13%. Una percentuale inferiore alla metà di quella delle cliniche private (30%) dove tra il personale curante (infermieri, assistenti, operatori socio-sanitari, aiuto-infermieri ecc.) i frontalieri sono in maggioranza (505 a fronte di 492 svizzeri e stranieri residente in Ticino).

Precedenza sempre ai residenti

I dati (anticipati nell'edizione odierna del GdP) sono stati resi noti dal Consiglio di Stato in risposta agli interrogativi avanzati lo scorso ottobre da Massimiliano Robbiani. Secondo il deputato leghista la carenza di personale svizzero sarebbe una scusa per assumere frontalieri. Una tesi respinta dal Governo sottolineando che tutti sono sottoposti al contratto collettivo e che “nelle strutture sanitarie pubbliche o parapubbliche i residenti godono sempre della precedenza”.

Diem

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