Agota Kristof
Domenica in scena

L’ora grigia

di Agota Kristof

  • Keystone
  • 10.3.2024
  • 37 min
Disponibile su
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  • Radiodrammi

Domenica 10 marzo 2024 ore 17:35

Con Annamaria Guarnieri e Adalberto Andreani
Regia Marco Parodi

Agota Kristof (30.10.1935-27.07.2011), è cresciuta nella “piccola città” (come da lei viene chiamata) di Körszeg in Ungheria. Nel 1956 (data significativa nella storia ungherese), una notte, con un bambino di quattro mesi in braccio, ha attraversato la frontiera con l’Austria, e da lì, ormai con uno stabile statuto di profuga, si è trasferita in Svizzera, per lavorare dieci ore al giorno in una fabbrica di orologi. Vive diverso tempo a Neuchâtel, scrivendo, oltre ai romanzi, numerose pièces teatrali. Scrive la traduttrice Elisabetta Rasy nell’introduzione edita da Einaudi:

Sia nell’Ora grigia, sia nella Chiave dell’ascensore è messo in scena un sacrificio (…). Nel primo dramma, una prostituta ormai vecchia e un suo antico abituale cliente s’incontrano per quella che sarà l’ultima volta: non è più il corpo a parlare adesso fra di loro, ma la voce, alla quale è affidato il compito – tardivo, forse inefficace – di ristabilire la verità della loro vita, della loro identità annientata dalla routine ottusa dei loro incontri sessuali (…).

Gran parte di ciò che accade e soprattutto di ciò che conta, in queste due pièces accade fuori, altrove: la scena di Agota Kristof è un luogo di reclusione, uno spazio concentrazionario. Dove agiscono, mascherati da piccole situazioni intimiste, ampi cerimoniali di tortura e messa a morte. Alle vittime non resta che una chance, nel claustrofobico spazio che sono condannate ad abitare: far sapere che c’è un’altra versione dei fatti. Non c’è coraggio, virtú, grandezza nel conflitto che oppone la prostituta al suo cliente nell’Ora grigia, o la moglie nella Chiave dell’ascensore al marito, e la mano del cielo che s’incarna nel violinista fallito o nel compiacente medico di regime - del regime coniugale che vige nella stanza rotonda alla quale si può accedere solo con l’ascensore - sta all’abietto gioco delle circostanze. Ciò che salva la scena delle relazioni in atto dal perdersi definitivamente in una musica funebre è, appunto, un unico possibile gesto di coraggio che coincide con un gesto di disperata resistenza: la testimonianza di un’altra verità, la verità della vittima.

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