“Colui che farà ricorso a un veleno per pensare, ben presto non potrà più pensare senza veleno.” È una frase di Charles Baudelaire, tratta dal suo saggio “I paradisi artificiali”, opera saggistica pubblicata nel 1861 volta ad analizzare gli effetti di alcune droghe sulla personalità. L’Ottocento è stato secolo di grande scoperta di droghe per i letterati europei, inglesi e francesi in particolare, che si sono dedicati a raccontare le loro esperienze con l’oppio, l’hashish o il vino. Ma perché proprio in quegli anni si sviluppò una corrente di scrittori e artisti dediti alle droghe? E in che misura quelle stesse droghe hanno condizionato le loro opere? Qualcosa del genere è accaduto tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso in ambito musicale, soprattutto jazz e pop. E anche in questo caso si pongono le stesse domande.
A queste domande cerchiamo di dare risposta con l’aiuto dello psichiatra Graziano Martignoni, che il nostro pubblico ben conosce, di Franca Bruera, che insegna letteratura francese all’Università di Torino, e con il musicista e musicologo Franco Fabbri, che collabora a tanti nostri programmi musicali.
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