«È completamente diverso da tutto quello che ho fatto prima», dice Maria Chiara Argirò del suo ultimo album, Closer. «Sono molto legata a questo disco - non mi sono mai sentita così soddisfatta di qualcosa».
Closer è un album che affonda le sue radici in un sentimento che ha superato la Argirò. «Ero davvero bloccata da questo sentimento e mi sono detto: Devo fare questo disco adesso», dice. Non è un sentimento ovvio o facilmente descrivibile quello che ribolliva dentro Argirò. «Una sensazione onirica in movimento», spiega. «Una sensazione che non possiamo descrivere, un sogno in cui sto come camminando».
Tuttavia, nonostante sia radicata in qualcosa di indescrivibile o definibile, Argirò si è accinta a realizzare questo disco con una concentrazione laser su ciò che voleva fare. «Per questo disco ho avuto una chiarezza che non ho avuto per altri», dice. «Sapevo solo quello che volevo, dalla produzione a dove volevo un assolo di tromba. Non abbiamo sperimentato molto con questo disco perché sapevo solo cosa fare. Potrebbe essere una cosa che capita una volta nella vita».
Un evento unico nella vita o un momento di visione creativa perfettamente cristallizzata, forse, ma si potrebbe anche sostenere che Closer è il naturale sottoprodotto evolutivo di un artista altamente qualificato, ricco di sfumature e ambizioso che è in grado di fidarsi della propria intuizione per creare qualcosa di singolare.
Maria Chiara Argirò, abile pianista fin dall’infanzia, si è trasferita diversi anni fa da Roma a Londra. Il suo precedente album da solista, il sorprendente disco di jazz-fusion elettronica Forest City, ha ricevuto un ampio consenso da parte della critica ed è stato pubblicato da The Guardian, Pitchfork, Vogue e Rolling Stone. La sua musica è stata inserita nella serie Netflix Elite e può vantare tra i suoi fan artisti del calibro di Four Tet e Gilles Peterson, che ha definito la sua musica «assolutamente pazzesca».
Il risultato di questo viaggio, sia sonoro che personale, si percepisce chiaramente in Closer.
«Mentre lavoravo alla musica c’era questa forte sensazione di avvicinarsi sempre di più, con ogni singola nota, alla persona che voglio essere», dice l’artista. «Mi sono detta: questa è la mia cosa, questa è la mia creatura, devo connettermi di più con me stessa e con la musica e fare questa sorta di viaggio consapevole. Essere libera, curiosa e più vicina alle persone che amo. C’è così tanto rumore in questo mondo, credo che essere diretti, gentili, leggeri, aperti e connessi sia la chiave».
Pur non essendo un concept album, il disco rispecchia il percorso di autoesplorazione interiore che Argirò ha intrapreso. Sebbene si muova in modi imprevedibili, attraversando lo spettro della musica elettronica che spazia dall’ambient alla dance music, mantenendo anche leggeri tocchi di jazz con un’inclinazione verso il pop sperimentale attraverso la voce più centrale e frontale di Maria Chiara Argirò, che in questa intervista si racconta al microfono di Alessandro De Rosa.
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