Prima ancora di avere un proprio Stato, gli ebrei emigrati nella Palestina ottomana, provenienti da ogni angolo del mondo, hanno trovato un centro unificante nel recupero dell’antica lingua sacra della Bibbia, e hanno riportato l’ebraico da lingua liturgica a strumento moderno di comunicazione. Su questa base, e sulla condivisione della memoria della diaspora e dell’Olocausto, il popolo ebraico ha creato le prime basi per una cultura unitaria dello Stato di Israele. È un fenomeno complesso, controverso, e tuttora in fase di sviluppo, ma che non sarebbe stato possibile senza un repertorio musicale popolare: la canzone israeliana in lingua ebraica è legata a doppio filo al tentativo di uno Stato giovanissimo di agganciarsi ad un passato che non ha eguali nella storia delle culture. Pur nell’enormità del tema, Paolo Borgonovo ha raccolto qualche suggestione per farci avvicinare a un mondo così lontano e al contempo così vicino: cinque puntate che esplorano alcuni temi della canzone israeliana, dalle origini a oggi.
Fin dalla sua fondazione, lo Stato di Israele si considera essenzialmente un pezzo di Europa, sorto dalle ceneri dell’Olocausto. In questo progetto non si sentono del tutto a loro agio gli ebrei orientali, i mizrahì, che da tutto il mondo arabo e islamico si rifugiano in Israele, soprattutto dopo le confische e le espulsioni perpetrate contro di loro come ritorsione nei confronti del nuovo Stato ebraico. Gli ebrei orientali portano con sé usi, costumi, profumi e suoni che appaiono esotici o primitivi agli occidentali imbevuti di cultura europea. L’integrazione per loro non sarà facile e non lo è tuttora. Ma, tramite la canzone, avranno con il tempo una piccola rivincita. Paolo Borgonovo ce ne parla in questa terza puntata della serie dedicata alla storia della canzone israeliana. Tema di oggi: gli orientali.
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