Chip sottocutaneo
Millevoci

Chip sottocutaneo: mito o possibile realtà anche in Svizzera?

Con Elizabeth Camozzi

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  • 27.5.2020
  • 52 min
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  • Società

Ha la forma e le dimensioni di un chicco di riso, ma al suo interno racchiude una tecnologia atta a memorizzare una grande quantità di dati. Si tratta di un chip da impiantare sottopelle, che funziona grazie ad una tecnologia nata alla fine degli anni '30 del secolo scorso, sotto l’acronimo di RFID: identificazione a radiofrequenza.

Un chip e una relativa tecnologia che fino a non molti anni fa non aveva attinenza con gli esseri umani, ma che gradualmente si sta facendo largo in alcuni Paesi, come la Svezia o la Germania, quale strumento potenzialmente vantaggioso per semplificare la vita quotidiana delle persone, alle quali basterebbe avvicinare la mano col microchip sottocutaneo per attivare carte di credito, tesserini utili a timbrare gli accessi sul posto di lavoro, eliminare chiavi, gettoni fedeltà e denaro, essendo tutti questi dati inseriti nel chip stesso.
Una possibilità che, al tempo del Coronavirus, si è pensato che si potesse declinare per altri scopi, come ad esempio per il tracciamento delle persone in caso di situazioni eccezionali quali emergenze sanitarie e pandemie.

Con l’obiettivo di fare chiarezza, cerchiamo di capire come si costituisca questa tecnologia e se sia fattibile implementarla per il tracciamento della popolazione, considerando non solo il punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto il punto di vista etico, di privacy e di sicurezza, comparandola poi con la nuova app per il tracciamento voluta dal Consiglio Federale per contenere la diffusione del nuovo Coronavirus.

Ospiti:
Alessandro Trivilini
, Docente e ricercatore del Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI
Andrea Salvadé, Direttore dell'Istituto sistemi e elettronica applicata (ISEA) alla SUPSI
Rocco Talleri, Avvocato, specializzato in protezione dei dati e diritto informatico

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