La prima Conferenza dell’ONU sul clima in piena Amazzonia è un banco di prova a livello locale del contrasto tra i grandi intenti e la realtà. Mente i delegati provenienti da tutto il mondo dibattono sulle strategie globali per ridurre il riscaldamento climatico a Belém si svelano i contrasti e i paradossi in quanto è stato fatto a difesa dell’ambiente, della protezione della biodiversità e della riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra.
I problemi logistici legati alla mancanza di una rete adeguata di hotel hanno obbligato gli organizzatori a far arrivare due grandi navi da crociera per ospitare i partecipanti alla conferenza. La MSC Seaview e la Costa Diadema possono ospitare migliaia di persone, ma per il loro funzionamento servono più 250’000 litri di combustibile al giorno, mentre per far funzionare l’aria condizionata nei grandi padiglioni vengono usati migliaia di litri di diesel: non il massimo per un summit dove la parola d’ordine è sostenibilità.
A far discutere è stata anche la costruzione dell’Avenida Liberdade, una nuova bretella autostradale d’accesso a Belém che è stata consegnata grazie ai fondi legati alla COP30. Per far passare la superstrada è stata squarcia un’area equivalente a 60 campi da calcio di foresta amazzonica che circonda la capitale dello stato del Parà. La strada è stata concepita come una via chiusa, senza uscite sulla foresta proprio per evitare ulteriori disboscamenti, ma questa caratteristica rischia di isolare i villaggi circostanti.
È il caso della comunità di Nossa Senhora de Navegantes, poche case affacciate su un ruscello che sfocia poi nel fiume Guamà, che bagna Belém. La strada passa a meno di 500 metri dalla casa di Camila Pinheiro, il consorzio costruttore ha espropriato parte dei terreni della sua famiglia coltivati con la tradizionale pianta di Açaí, mentre il fiume è pieno dei detriti del cantiere. “La nostra vita è cambiata in peggio e ora temiamo di restare tagliati fuori perché con la stagione delle piogge il sottopassaggio che hanno fatto per attraversare la nuova strada sarà completamente allagato”.
Stessa situazione al Quilombo dell’’Abacatal, una terra destinata ai discendenti degli ultimi schiavi africani e gestita in modo comunitario da circa 150 famiglie. Turi Omonibo ha partecipato alla protesta degli indios che hanno invaso i locali della Conferenza a Belém. “Parlano di protezione dell’ambiente ma poi tagliano alberi e fanno colate di cemento in una regione che è già molto calda”.
Belém è diventata un grande cantiere in vista della COP30, ma non tutti sono contenti. L’attivista ambientale Mauricio Santos ha studiato i 38 progetti urbani legati al summit e denuncia che nessuno di questi si occupa propriamente della lotta al riscaldamento climatico. “Hanno fatto delle opere di viabilità importanti, ma non hanno pensato di piantare alberi in una città che ha un clima sempre più torrido”. Secondo un recente studio, se si andrà avanti a questo ritmo nel 2050 la città sarà invivibile a causa delle alte temperature.
Il governatore dello stato Helder Barbalho difende invece la legacy della COP30 e ricorda che il progetto dell’autostrada era necessario per migliorare il traffico nelle ore di punta. “I disagi di oggi si trasformeranno in grandi benefici del futuro perché abbiamo modernizzato la città”. Un primo bilancio sarà possibile solo ad evento terminato, ma di certo sarà impossibile recuperare la foresta che è andata perduta.

Manifestanti alla COP30 di Belem
Telegiornale 12.11.2025, 20:00





