13 novembre 2015: dieci anni fa la strage di Parigi sconvolse la Francia e l’Occidente intero. Nella capitale, un commando di terroristi dello Stato islamico uccise 132 persone, con attacchi allo Stade de France, in alcuni bar e soprattutto nella sala concerti del Bataclan.
Quella sera Christophe Molmy era lì: lui a quei tempi era il capo delle “brigade de recherche et d’intervention (BRI)“, le teste di cuoio francesi. Entrò nel Bataclan con i suoi uomini per provare a liberare gli ostaggi ancora in mano ai terroristi. “Tutto indicava che rischiavamo fortemente di perdere molti uomini, perché entravamo in un corridoio con terroristi in mezzo ad ostaggi”, racconta in un’intervista concessa al nostro Telegiornale. “Eravamo così consci del rischio che avevamo una seconda colonna dietro la prima nel caso questa fosse fortemente colpita”.
Nonostante il rischio, quella sera non rimase al posto di comando: “Non ero davanti ma c’ero anch’io, in particolare perché la decisione era difficile e preferivo essere con i miei uomini”. Alle telecamere mostra uno scudo di quelli che si usano per le irruzioni: “Questo scudo - spiega - ci ha salvato la vita. Ci ha permesso di avanzare nonostante gli spari contro di noi, ne abbiamo incassati molti all’inizio, ma abbiamo potuto fare uscire via via degli ostaggi e poi abbiamo attaccato”.
Ma ci fu un imprevisto: lo scudo di 80 chili cadde, lasciando la colonna allo scoperto. “Il nostro primo uomo ha visto e capito che un terrorista veniva verso di lui, ha sparato, l’ha ferito, il terrorista è arretrato e crediamo sia caduto prima di farsi esplodere, è importante perché se fosse stato in piedi e si fosse fatto esplodere di fronte alla nostra colonna avremmo avuto feriti e probabilmente morti”.
A dieci anni di distanza cosa le resta di quella operazione così eccezionale? Christophe Molmy, ex-capo brigade de recherche et d’intervention (BRI), risponde che: “Le immagini che mi tornano alla mente non sono lo scudo o il nostro assalto, ma quelle relative al dopo…A quando tutto è finito…è allora che ti guardi attorno e vedi che rimangono solo i corpi delle persone morte, e vi assicuro che 90 corpi sono davvero tanti”.
Il commissario non lo sapeva, ma tra di loro si trovava anche una persona a lui molto cara. “Era il mio miglior amico: è stato ucciso durante l’assalto dei terroristi, ma io l’ho saputo dopo, molto dopo”.
In quel 13 novembre Molmy e i suoi uomini sono riusciti nella loro missione, hanno salvato la vita a tutti i prigionieri. Mostra alla RSI una foto: “Loro sono gli ostaggi del corridoio del Bataclan, che si ritrovano spesso a bere una cosa, si sono fatti fare una foto e me l’hanno mandata, è qualcosa di toccante, di commovente, e poi dà del senso alla nostra missione e mi ricorda che quella sera, nonostante le decine di morti, noi siamo riusciti a tirarne fuori una dozzina da quel corridoio”.
Oggi Molmy è capo della brigata minorile e dice di non voler farsi definire solo da quel 2015 di sangue, così presente però nel suo ufficio.

Gli attentati di Parigi, dieci anni dopo
Modem 12.11.2025, 08:30






