dall'inviato a PyeongChang Marcello Ierace
Da ragazzo Florian Planker, da buon sudtirolese, aveva due passioni: l’hockey e lo sci. Anzi tre: l’hockey, lo sci e la moto. Quest’ultima però, con Florian 17enne, decise che la sua vita doveva prendere una strada, una sorte diversa. Un incidente che rimischiò tutte le carte in tavola e, con una gamba in meno e una strada tutta in salita da percorrere, l’ex speranza dell’hockey gardenese si ricostruì una nuova esistenza e una nuova carriera sportiva.
Nel 1998, quattro anni dopo l’incidente, Florian Planker è alle Paralimpiadi di Nagano, dove gareggia nello sci alpino. Nel 2002 a Salt Lake City conquista il bronzo in super G. Due anni dopo è ancora bronzo, ma ai Mondiali di Wildschonau. Poi un’altra Paralimpiade sulle piste da sci, quelle casalinghe di Torino, e dal 2010 infila altre tre partecipazioni ai Giochi ma stavolta nella neo costituita formazione azzurra di sledge hockey, nata proprio grazie anche al suo lungo e costante lavoro dietro le quinte. Sei Paralimpiadi che gli sono valse appunto l’onore di poter sfilare a PyeongChang con il tricolore tra le mani, un vessillo consegnatogli ufficialmente dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella.
E quella bandiera, l'atleta nato a Bolzano e cresciuto a Selva di Val Gardena, l'ha portata all'interno dello stadio olimpico di PyeongChang. "È stata una grandissima emozione, un piacere immenso", ci racconta il 41enne. Emozioni come quella vissuta in un'incredibile finale per il terzo posto alla stadio di Gangneung, con gli azzurri che hanno però dovuto cedere per 1-0 alla Corea del Sud, sostenuta da ben 10'000 spettatori, in quello che è stato l'evento di maggior richiamo di tutti Giochi Paralimpici 2018.
Il ritratto di Florian Planker giocatore di sledge hockey (Sport Non Stop 18.03.2019)
Gli incontri 18.03.2018, 14:02