Arte

Henri de Toulouse-Lautrec

Innovazione, realismo, decadenza

  • 25 febbraio, 11:09
Henri de Toulouse-Lautrec, Étude de nu, femme assise sur un divan, 1882

Henri de Toulouse-Lautrec, Étude de nu, femme assise sur un divan, 1882

  • © Musée Toulouse-Lautrec, Albi, France / foto F. Pons
Di: Vito Calabretta

Henri de Toulouse-Lautrec è protagonista di una mostra a Palazzo Roverella a Rovigo, dal 23 febbraio al 30 giugno 2024. Andando oltre la narrazione “stereotipata” di Toulouse-Lautrec come creatore esclusivo di Affiches (manifesti), la mostra si propone di evidenziare la vastità e la complessità del suo talento, focalizzandosi in particolare sull’attività pittorica. Opere provenienti da importanti musei americani ed europei oltre che francesi, delineano il contesto parigino in cui l’artista operava in un confronto con realisti, impressionisti e simbolisti, con i quali condivideva esperienze e momenti di vita quotidiana.

Spesso succede che artisti apparentemente conosciuti e presenti nella percezione pubblica si rivelino in realtà ignoti e offuscati da una coltre di attribuzioni che alimentano la loro misteriosità.

Lo verifichiamo leggendo l’elenco di epiteti citati da Nicholas Zmelty nel suo saggio che accompagna la mostra dedicata a Henri de Toulouse-Lautrec al Museo di Palazzo Roverella a Rovigo: «Piccolo, laido, storpio, alcolizzato, depravato, sarcastico ed erotomane». La mostra ha in effetti l’ambizione di ricostruire la poliedricità dell’artista francese estraendolo dalla gabbia di attributi che ne sminuiscono la personalità.

Per godere di una percezione plausibile occorre mettere in relazione il suo impegno nella modernità di fine XIX secolo (la pubblicità, le stampe e i manifesti) con il lavoro di pittore e ricostruire la sua poetica nel contesto in cui operavano realisti, impressionisti, simbolisti; artisti con i quali egli condivideva la dedizione all’arte e la vita sociale.

Una adeguata lettura dell’opera di Henri de Toulouse-Lautrec può muoversi lungo alcuni assi. Il primo è l’esigenza di realismo e la continua sperimentazione orientata a rendere conto della realtà in modo rispettoso. Rampollo di una famiglia di antica nobiltà e costretto a vivere con una struttura fisica minata, egli decise di dedicare la propria vita all’arte con piglio inventivo e impegnato in una missione intellettuale e sociale. Si formò con alcuni maestri che agivano nell’ambito della pittura tradizionale; fu nondimeno prossimo, geograficamente ma anche intellettualmente e artisticamente, agli esponenti dell’impressionismo e i suoi stessi insegnanti come Fernand Cormon utilizzavano, pur all’interno di un impianto naturalistico tradizionale, alcune modalità espressive dell’impressionismo.

Nel mondo di Toulouse-Lautrec

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Gli atelier dove ci si formava al mestiere erano anche luoghi di confronto e di discussione; con compagni quali furono Émile Bernard et Vincent Van Gogh, Toulouse-Lautrec ebbe modo di concretizzare scambi di pratiche e di idee che continuarono a svilupparsi lungo il corso degli anni anche attraverso scelte tecniche. Fanny Girard, direttrice del museo Toulouse-Lautrec ad Albi, ci spiega che la sua «pittura, composta da pigmenti ammorbiditi nella trementina, dà una linea molto fluida, senza impasto, simile all’acquerello. Il vantaggio di questa tecnica è che si asciuga molto rapidamente, permettendo all’artista di rielaborare le linee quasi istantaneamente. Il cartone non trattato assorbiva la trementina, lasciando visibile solo il pigmento, che assumeva un aspetto opaco, simile al pastello. In questo modo, Toulouse-Lautrec evitava qualsiasi effetto lucido», riuscendo a controllare il colore in modo da ottenere una rappresentazione discreta, rispettosa della natura del soggetto raffigurato. Il risultato a noi può apparire semplice e di facile impatto ma è il frutto di un articolato lavoro di elaborazione, studio, progettazione.

Un ulteriore asse lungo il quale si muove la sua carriera è quello della vita di decadenza sociale. L’esigenza di sperimentare e di immergersi in aspetti della realtà nuovi e attuali conduceva gli artisti non soltanto a frequentare e rappresentare la vita della città del loro tempo ma anche a praticare costumi disordinati e degeneranti come il consumo di sostanze tossiche (la salute di Henri de Toulouse-Lautrec fu ulteriormente minata dai suoi usi). Quindi se la rappresentazione non voleva limitarsi alla pittura ma aprirsi alle tecniche comunicative destinate al grande pubblico; se la stessa pittura veniva esposta nei bistrot in modo da interloquire con avventori non avvezzi ai codici artistici; se i paesaggi erano anche quelli della città; le ambientazioni sociali rappresentate includevano i bistrot, i circhi, i luoghi e gli attori del lavoro e i postriboli che non venivano frequentati solo per trarre spunti iconografici ma erano un luogo della vita a pieno titolo. L’elaborazione artistica aveva il compito di restituire una rappresentazione che fosse insieme una analisi e un omaggio rispettoso.

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