Se ci domandassero: cos’è un confine? Probabilmente risponderemmo che è «una linea di separazione tra due aree», così come ogni dizionario, con parole più o meno analoghe, definisce quella delimitazione che stabilisce una divisione, una discontinuità. Quasi sicuramente ci verrebbe in mente il confine geografico e magari, dopo una riflessione più attenta, ci ricorderemmo che il confine può essere anche etico e quindi culturale e giuridico (ad esempio: il confine del lecito, il confine del buoncostume, ecc.).
Forse però non subito ci verrebbe in mente che “confine” è anche sinonimo di frontiera, termine questo che nel tempo ha assunto valenze di significato diverso che lasciano intravedere la possibilità di un suo superamento (ad esempio: la frontiera della scienza). Come si può intuire, una risignificazione non indifferente.

Sunny Pfalzer – performance When the Bats Fly (2020)
Parafrasando il sociologo Zygmunt Bauman (1925-2017), infatti, questa doppia natura del concetto di borderland, parallelamente lascia intendere anche la propria “liquidità” ovvero la propria fluida fragilità. Proprio attorno a questa fragilità e alla potenzialità del superamento delle frontiere si sviluppa il lavoro di Sunny Pfalzer, artista, performer, coreografa e attivista politica che vive a Vienna e a Berlino intervallando la propria attività artistica con quella della docenza in diverse accademie d’arte, tra cui Städelschule Frankfurt e Academy of fine arts di Vienna.
Pfalzer ha studiato arte performativa con Carola Dertnig all’Accademia di Belle Arti di Vienna ed è oggi affermata e conosciuta in tutto il mondo (sue performance si sono svolte ad esempio alla Kunsthalle di Vienna, al KW Institute for Contemporary Art di Berlino, alla Shedhalle di Zurigo, al GAM di Santiago del Cile).

Le performance di Sunny (ma anche le pratiche collettive culturali come seminari, workshop, ecc.), hanno come fondamento il presupposto che l’attraversamento della frontiera sia anche un atto politico in quanto i confini (geografici, ideologici o sociali), non sono entità naturali e immutabili, ma il risultato di processi storici, politici, culturali e religiosi che, sulla base dei vari poteri e dettami normativi, definiscono chi sta dentro e chi sta fuori, cosa è normale e cosa è deviante. Il lavoro di Sunny Pfalzer insieme ai gruppi queer con i quali elabora le sue performance (oltre che nei teatri nelle strade, nelle piazze, nei corridoi delle metropolitane), ha come obiettivo proprio l’oltrepassamento delle frontiere ideologiche: un atto politico dunque che mira a decostruire le barriere, a rendere “porosi” i confini e a creare spazi sociali più inclusivi e accoglienti per la diversità.

Un momento del Queer Trust Workshop tenuto da Sunny Pfalzer alla Shedhalle di Zurigo nel 2022
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Un momento del Queer Trust Workshop tenuto da Sunny Pfalzer alla Shedhalle di Zurigo nel 2022
Che siano persone LGBTQ+, donne, gay, persone di colore, la proposta di Sunny è volta ad abbattere i presupposti eteronormativi e a creare un senso di appartenenza per tutti. Con la sua pratica artistica, infatti, Sunny lavora anche molto sul vivere e far vivere il confine come zona di contatto, trasformandolo così in un luogo potenziale di scambio, contaminazione e ibridazione. È in queste zone liminali infatti che le pratiche queer spesso si situano per sfidare le dicotomie binarie (uomo/donna, etero/omo, normale/anormale) sapendo che le categorie rigide possono sfumare, le identità possono mescolarsi e nuove forme di espressione e di esistenza possono emergere. Per Sunny, infatti, il personale è sempre politico ed è per questo motivo che invita tutti noi a confrontarci anche con le frontiere che “portiamo dentro”, in primo luogo la frontiera che divide la realtà del nostro Io da quella che ci rappresenta come homo socialis ossia come esseri che vivono e interagiscono in comunità.

Nelle performance di Sunny Pfalzer, ma come in molte espressioni artistiche elaborate nell’ambito della cultura queer, riecheggiano molte delle teorie del regista teatrale brasiliano Augusto Boal (1931-2009) che, con quello che chiamò Teatro dell’oppresso, concepì la pratica teatrale come tecnica terapeutica per liberare gli individui dall’oppressione psicologica causata dal Flic dans la tête (letteralmente: il poliziotto nella testa) che tiene imprigionate le persone negli schemi rigidi delle convenzioni e delle norme sociali. Per questo motivo, Sunny contro il Flic dans la tête elabora strategie indirizzate al superamento delle Borderlands anche in termini di orientamento sessuale. La frontiera viene quindi evidenziata come uno spazio performabile anche grazie alla pratiche quotidiane, non ultima la sovversione delle norme di genere e di sessualità. Sembra strano (e forse è solo una suggestione), ma in questo agire è come se ci fosse la consapevolezza della verità implicita nell’affermazione di Arthur Shopenhauer (1788-1860): «Ogni uomo confonde i limiti del suo campo visivo con i confini del mondo». Proprio per superare i limiti del nostro campo visivo, le domande che gli spettacoli di Sunny pongono sono: cos’è un confine? È un confine geografico che divide il nord dal sud o qualcosa di tangibile che sperimentiamo ogni giorno? Chi siamo su Instagram o Facebook e chi siamo seduti in metropolitana? A cosa serve il nostro corpo in questi due contesti diversi? Cosa rappresentiamo? Cosa conosciamo per esperienza e cosa per “sentito dire”? Da quali luoghi comuni siamo “assorbiti”? Il suo intento è quello di mettere in scena la fragilità delle barriere culturali e sociali, rivelando la loro natura costruita e quindi potenzialmente decostruibile. E’ convinzione di Pfalzer che l’arte queer possa infatti agire come un potente strumento di “traduzione culturale” capace di rendere visibili e comprensibili a chi la osserva esperienze e identità che sono state a lungo marginalizzate, se non addirittura rese invisibili con la loro negazione e repressione. Nel suo lavoro i confini ondeggiano e si spostano, rivelando la loro instabilità: prendere atto di ciò in un momento storico come l’attuale in cui sembra riaffermarsi una cultura di certezze indiscutibili, può rappresentare un buon antidoto contro le supposte verità monolitiche.
Dossier Queer
Contenuto audio
Dossier Queer (1./5)
Diderot 24.01.2022, 18:00
Dossier Queer (1./5)
Diderot 24.01.2022, 18:10
Dossier Queer (3./5)
Diderot 25.01.2022, 18:00
Dossier Queer (4./5)
Diderot 27.01.2022, 18:00
Dossier Queer (5./5)
Diderot 28.01.2022, 18:00