Oggi il K-pop genera miliardi di dollari, i film sudcoreani collezionano premi internazionali e il turismo culturale in Corea del Sud è in costante crescita. Il fenomeno Hallyu, l’“onda coreana” che ha conquistato il mondo intero, si è imposto di diritto nella cultura mainstream globale. Inizialmente veicolato dalla televisione via cavo, è stato amplificato da internet e dai social network, sostenuto da una strategia politica ed economica ben definita. Per immergersi in tutte le sue declinazioni, comprenderne la portata e le radici storiche, fino al 17 agosto 2025 al Museo Rietberg di Zurigo è possibile visitare Hallyu! The Korean wave, una mostra articolata su più livelli e interattiva. Nella sua unica tappa europea, l’esposizione illustra tutta la potenza di un’industria culturale in piena espansione, ma anche la storia di un paese diviso e dilaniato da decenni di sconvolgimenti, che ha saputo reinventare la propria identità. Grazie alle tecnologie digitali l’onda ha raggiunto oggi il suo apice, ma la sua corsa è iniziata negli anni Novanta conquistando per primi i vicini paesi asiatici, per poi decollare negli anni 2000. Non è un caso che il termine “Hallyu” sia stato coniato in Cina, proprio per descrivere l’interesse improvviso sorto attorno alle produzioni televisive, cinematografiche e musicali sudcoreane.
L’esposizione conduce i visitatori in un viaggio immersivo nell’universo della musica K-pop e delle sue fan base tra costumi di scena e gadget, delle serie tv e del cinema d’autore, nei settori della moda e dei prodotti di bellezza. Tra i diversi punti tematici spiccano alcune chicche come la ricostruzione di parte della scenografia del film premio Oscar Parasite di Bong Joon-ho, un’installazione del pioniere della videoarte Nam June Paik e la possibilità di eseguire e registrare delle coreografie musicali in stile K-pop, che vengono poi proiettate sugli schermi presenti.
Opera di Nam June Paike, “Hallyu! The Korean Wave”
Parallelamente, viene ripercorsa la storia della Penisola coreana, un passaggio obbligato per comprendere le radici culturali del fenomeno Hallyu e la sua lettura in termini di soft power. Oltre al nucleo principale dell’esposizione, concepita dal Victoria and Albert Museum di Londra, il museo zurighese ha arricchito il percorso con una selezione di oggetti della propria collezione, offrendo in quest’unica tappa europea un excursus nelle tradizioni religiose e artistiche della Corea, tra statue e simboli buddisti e sciamanici, ceramiche e xilografie.

Byeoksan Yongha and Taeil, Riunione di divinità buddiste, 1891
È nel XX secolo che la Corea ha vissuto i cambiamenti più radicali, con la fine della monarchia nei primi anni del ‘900 e l’annessione all’Impero giapponese, conclusasi nel 1945 con la sconfitta nipponica nella Seconda Guerra Mondiale. A un periodo caratterizzato da repressione e sfruttamento economico è seguita la suddivisione del Paese per intervento degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, che hanno assunto il controllo rispettivamente del Sud e del Nord della Penisola. Nel 1948, nella zona sotto influenza sovietica, viene così proclamata la Repubblica Popolare Democratica di Corea mentre nel sud, sotto l’influenza statunitense, viene fondata la Repubblica di Corea. Le tensioni politiche conducono presto a un aspro conflitto tra le due Coree, durato tre anni e terminato con l’armistizio del 1953, ma senza la firma di un trattato di pace.
Di lì a poco, con una spettacolare quanto rapida trasformazione da paese martoriato a potenza industriale, la Corea del Sud sta per realizzare il suo miracolo economico: tra gli anni ‘60 e gli anni 2000, nel giro di sole due generazioni l’industrializzazione e l’urbanizzazione hanno trasformato profondamente il paese. La povertà si è drasticamente ridotta e gran parte del paesaggio rurale è stato sostituito da grattacieli e città tecnologiche, come Seoul, Songdo e Busan.

Veduta dei condomini di Hyundai
Spinto in un primo tempo da governi autoritari, questo sviluppo forzato all’insegna della velocità ha generato uno scollamento tra la modernità tecnologica e le tradizioni centenarie dello sciamanesimo e del confucianesimo: divisa tra tradizione, imitazione dell’Occidente e ferite storiche, la Corea del Sud ha attraversato un periodo di ricerca della propria identità culturale. È in questo contesto che si colloca l’onda coreana, una forma culturale ibrida, ponte e sintesi tra modernità e tradizione e, forse per questo, così affascinante. Ciò si riflette ad esempio nella trama delle serie K-drama, sempre più popolari grazie alle piattaforme di streaming: storie contemporanee nelle quali si inseriscono elementi tradizionali, rituali e valori confuciani e ambientazioni storiche. Il K-pop mescola tradizione locale e sonorità occidentali, mentre nel cinema elementi di identità nazionale si fondono con un linguaggio moderno e globale.
Dalla “Korean wave” alla crisi politica
Modem 10.01.2025, 08:25
Il concetto di “soft power”, secondo cui le nazioni non si impongono soltanto con il PIL o con la forza dei loro armamenti (“hard power”), ma anche con la loro capacità di esportare la propria cultura e i propri valori, di essere riconosciute e identificate, offre una chiave di lettura ulteriore: oltre ad aver rafforzato l’identità collettiva, il successo globale ha consolidato la posizione della Corea del Sud nel panorama culturale mondiale. L’avvento di governi più democratici, alla fine degli anni ‘80, ha rappresentato il motore di questa evoluzione, insieme a una crescente volontà politica di sostenere l’industria culturale con sovvenzioni e incentivi. Come una scintillante vetrina, l’onda coreana ha il potere di proiettare un’immagine moderna e accattivante del paese, così come di spostare l’attenzione dai problemi interni, tra instabilità politica, disuguaglianze sociali che ancora sussistono, censura nei media e tensioni con la Corea del Nord. D’altronde, proprio film come Parasite e serie Tv come Squid game hanno il merito di esprimere una critica aperta alla società odierna, mentre il loro successo planetario conferma la traiettoria dell’onda nel panorama culturale mondiale. In questo modo, Hallyu non offre solo una forma di intrattenimento globale, ma anche un potente strumento di riflessione sulla Corea di oggi.

Neo, dentro e oltre la cultura pop coreana
Il Quotidiano 31.05.2025, 19:00




