Piero della Francesca. Il Polittico agostiniano riunito è il titolo dell’esposizione proposta al Museo Poldi Pezzoli di Milano fino al 24 giugno.
Per la prima volta si possono ammirare insieme le otto tavole del polittico del 1469. Le opere, provenienti da New York, Lisbona, Londra e Washington.
Un progetto storicamente ambizioso ha ricondotto in un unico spazio espositivo una parte del polittico agostiniano di Piero della Francesca. Composto per una chiesa di Borgo San Sepolcro, il suo paese, fu poi trasferito e smembrato e in parte disperso. Oggi possiamo vedere, al Museo Poldi Pezzoli di Milano, le componenti rimaste, che restano separate per motivi di sicurezza conservativa. Possiamo inoltre beneficiare della presentazione di ricerche analitiche e interpretative che arricchiscono e rendono ulteriormente complesso il lascito di questo artista.
«Colorare intendiamo dare i colori commo nelle cose si dimostrano, chiari et uscuri secondo che i lumi li devariano». Siamo nel pieno del XV secolo e il pittore annota l’ambizione, la determinazione di ricreare, con la rappresentazione, la realtà come la vediamo, come la luce la definisce con chiari e scuri. Potrebbe sembrare o non sembrare cosa facile; certo è che il modo in cui quel pittore, Piero, attende a farlo è complesso e articolato.

Allestimento al Museo Poldi Pezzoli
Piero usa la tempera per ottenere alcuni risultati, l’olio per altri oppure li mescola e talvolta sbaglia valutazione, così che oggi noi abbiamo un’opera ammalorata; tiene conto della qualità del legno sul quale dipinge e sceglie il lato in funzione di come si aspetta che la tavola si deformerà nel tempo. Può decidere di mantenere una preparazione fatta in passato da altri, come succede nelle predelle del polittico agostiniano, opera dipinta su una carpenteria costruita in precedenza per un altro utilizzo; può altresì, come per i quattro santi che circondano lo scomparto centrale ormai disperso, raschiare la preparazione ereditata nella carpenteria e ricominciare tutto il lavoro. Per gli incarnati dei santi più anziani utilizza un colore bruno, per il Michele utilizza un verde in modo da conferire all’epidermide più luminosità e rappresentare così la forza giovane di un guerriero.

San Michele Arcangelo, Piero della Francesca
Se quindi ricostruiamo le procedure, i metodi, gli atteggiamenti che producono il suo corpo artistico, riscontriamo una serie di apparenti contraddizioni che sono state riassunte da Antonio Paolucci nella presentazione di un progetto intitolato significativamente Piero della Francesca: Indagine su un mito: «apparenti contraddizioni che distinguono l’opera e la persona di Piero della Francesca. Infatti il pittore di Borgo San Sepolcro risulta essere insieme teorico e artigiano; profondamente classico e indifferente all’archeologismo antiquario; aristocratico e popolare; massimo artefice, dopo Giotto, dell’unità della lingua figurativa italiana ma anche caratterizzato in senso locale e municipale; uomo del Medioevo e protagonista della più grande mutazione in senso progressivo conosciuto dalla pittura quattrocentesca; alfiere del nuovo e nostalgico di antichi valori sociali e religiosi; poeta della forma astratta, “geometra” e prospettico, ma anche testimone impareggiabile di ogni più sottile prodigio della luce e della natura».

Piero della Francesca, Sant’Agostino
A capo, somma di tutte queste antinomie, prendiamo atto di come Piero ci offra risultati estremamente composti, armonici, in taluni casi ermetici, vere e proprie sfide al nostro impegno interpretativo. Come leggiamo nei saggi che accompagnano il progetto di ricostruzione del polittico agostiniano, «le innovazioni portate avanti da Piero non erano solo strutturali e tecniche, ma anche compositive e, in stretto rapporto con la committenza, iconografiche. Piero ha trasformato un imponente assemblaggio di pannelli lignei, frutto di remoti modelli trecenteschi, in una visione miracolosa in cui il rigore dei princìpi prospettici e compositivi si unisce alle trasparenze della pittura a olio per realizzare un’illusione grandiosa».
Non siamo quindi in relazione soltanto con una personalità che coniuga la sperimentazione empirica e la sapienza astratta, la attitudine e la pratica speculativa e l’impegno concreto in pittura. Piero, che resta infatti un modello multistratificato per studiosi, artisti e per tutti noi, è un poeta che riesce a superare le antinomie della realtà in un sistema figurativo e cromatico armonioso. Devozione, atrocità, guerra, amore, simbolismo si ricompongono in un eloquente equilibrio.

Un puzzle ricostruito
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Piero della Francesca al Museo Poldi Pezzoli
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