Nati lo stesso giorno del 1935, Christo e Jeanne-Claude si conoscono a Parigi e da lì iniziano un percorso condiviso, personale e creativo. Lei è la mente strategica, lui l’autore visivo. Insieme hanno creato alcune delle opere più ambiziose e monumentali della storia dell’arte. Opere effimere e “non necessarie”, secondo le loro stesse parole, eppure memorabili. Inseparabili, Christo e Jeanne-Claude hanno concepito e realizzato progetti al limite del possibile, espressione di una forza creativa totalmente libera.
Un telo di nylon arancione lungo quasi 400 metri unisce le due estremità di una valle in Colorado. Ci sono voluti 28 mesi per completare questo progetto. È una installazione artistica e durerà solo 28 ore.
Un uomo e una donna, appena il telo viene appeso per la prima volta come un gigantesco sipario, si abbracciano e guardano emozionati la loro folle opera. È il 1972 e loro sono Christo e Jeanne-Claude. Niente cognomi o nomi separati. Come fossero una cosa sola.

Valley Curtain, Rifle, Colorado, 1970-72
Christo e Jeanne-Claude nascono lo stesso giorno dello stesso anno: 13 giugno 1935. Lui in Bulgaria, figlio di un piccolo imprenditore e una segretaria dell’Accademia di Belle Arti di Sòfia. Lei nasce a Casablanca, da una famiglia borghese. Il padre è un maggiore dell’esercito francese.
Christo Vladimirov Javacheff - questo il suo nome completo - è un ragazzo magro con gli occhiali. Inizia a studiare arte, poi va a vivere a Praga ma fugge dal regime sovietico, e si ritrova a Parigi, apolide e senza un soldo in tasca.
Si mantiene dipingendo e realizzando strani impacchettamenti di piccoli oggetti.
Jeanne-Claude Denat de Guillebon si trasferisce a Tunisi con la madre, che nel frattempo si è risposata. Qui si laurea in latino e filosofia. È una ragazza con gli occhi chiari e una cascata di capelli ramati.
Parigi 1958. L’anno e il luogo del loro primo incontro.
La madre di Jeanne-Claude sta cercando una persona che le faccia un ritratto. Ha sentito parlare di un giovane artista di origini bulgare molto bravo che si chiama Christo e lo invita a casa sua. Qui lui incontra per la prima volta Jeanne-Claude.
Lei ridacchia nell’altra stanza insieme alle amiche. Fanno commenti su questo giovane artista dalle dita molto lunghe mentre sua madre lo trova affascinante e dice loro: «Care ragazze, si vede che non capite niente di uomini!».
Bastano poche altre sessioni per il ritratto e Jeanne-Claude inizia a sentirsi molto attratta da lui ma lo tiene a distanza, quasi come a volersi proteggere da qualcosa di molto travolgente e non previsto.
A quanto pare, lui sta uscendo con la sorella di Jeanne-Claude e lei, a sua volta, è fidanzata e promessa sposa di un certo Philippe. E il matrimonio viene anche celebrato. Ma i sentimenti hanno il sopravvento sulla ragione.
Christo e Jeanne-Claude si innamorano l’uno dell’altra: «Non sapevo nulla di arte contemporanea. Ancora meno di arte d’avanguardia, ero solo innamorata di un giovane che era innamorato di me».
Nel 1960 hanno subito il loro primo e unico figlio, e inizia la loro simbiosi nella vita e nel lavoro. Vivono in modo bohémien, condividono tutto.
Jeanne-Claude si appassiona all’arte di Christo. Lui si dedica sempre di più all’impacchettare i suoi lavori con il tessuto. Senza distinzioni o gerarchie: tutto può essere arte. Non ci sono musei, biglietti da pagare, sponsor, committenti, acquisti. Conta solo la libertà. Christo è l’artista. Jeanne-Claude l’organizzatrice. La sua tenacia è leggendaria. Difende i loro progetti, negozia, spiega e persuade.
Un loro nipote racconta: «Erano inseparabili, ma scherzavano sempre dicendo che c’erano tre cose che non facevano insieme: Non volavano mai sullo stesso aereo; Jeanne-Claude non lavorava mai nello studio; e la terza è che Christo non ha mai incontrato il contabile».
Il 1964 è un anno cruciale per la loro arte. Emigrano negli Stati Uniti, a New York.
Christo e Jeanne-Claude al Chelsea Hotel, New York
Le opere monumentali diventano sempre di più il loro marchio di fabbrica. Se c’è un monumento impacchettato o un luogo arricchito da imponenti tessuti e pannelli, si tratta di Christo e Jeanne-Claude. Può essere il Palazzo del Parlamento di Berlino, un ponte, delle isole, una valle, o il Central Park di New York. Ogni opera richiede anni, se non decenni, per esistere solo pochi giorni o settimane.
Opere di Christo e Jeanne-Claude
Impacchettare significa nascondere ma anche svelare, dare più valore e significato a ciò che viene coperto.
Jeanne-Claude diceva: «Abbiamo amore e tenerezza per ciò che non dura. Per l’infanzia. Per le nostre vite, perché non durano per sempre. Ed è questo che dà alle nostre opere quella qualità, quel senso di urgenza di essere viste. E l’amore e la tenerezza dati dal fatto che non dureranno».
Il sodalizio artistico e amoroso di Christo e Jeanne-Claude si interrompe bruscamente nel 2009, quando lei muore improvvisamente. Come si erano sempre ripromessi, Christo continuerà a realizzare i progetti a cui avevano lavorato insieme lui e Jeanne-Claude. Uno su tutti, il percorso di passerelle galleggianti gialle dorate sul lago d’Iseo a cui i due artisti pensavano dal lontano 1970.
Nel 2016, durante un incontro con gli studenti ad Harvard, Christo ricorda: «Jeanne-Claude era una donna piena di ironia. Siamo nati entrambi il 30 giugno del ’35. Quindi sotto il segno dei Gemelli. Lei amava dire che era come un “ménage à quatre”. C’è una cosa che mi manca continuamente: Jeanne-Claude era una persona molto critica. Si chiedeva sempre: perché dovremmo fare così e non così? Ancora oggi mi chiedo sempre: che cosa avrebbe detto Jeanne-Claude adesso?».
Anche lui se ne andrà, nel 2020, all’età di 84 anni.
Nel 2021 viene realizzato un loro progetto postumo: nientedimeno che l’Arco di Trionfo di Parigi interamente impacchettato da un tessuto grigio argento.
Impacchettamento dell’Arco di Trionfo
RSI Cultura 20.06.2025, 09:36
Christo e Jeanne-Claude sognavano di farlo da 60 anni.
Il successo di Christo
Telegiornale 29.06.2016, 20:00