C’è chi, come la statunitense Cherly Sorg, ha ritagliato linea per linea il testo dell’Inferno, primo libro della Divina Commedia, per poi riassemblarlo nell’ordine corretto con un nastro adesivo trasparente su nove cerchi di plexiglass di circa cinquanta centimetri installati tra pavimento e soffitto per mezzo di un palo. L’artista, ospite da tempo di prestigiose gallerie in tutto il mondo, è famosa per questa sua predilezione nel disporre strisce di testi al fine di realizzare elaborate costruzioni e sculture nelle quali, come ha affermato lei stessa: «l’osservatore può perdersi, come in una storia ben raccontata». Il contenuto dei testi è parte integrante dell’opera finale: le storie “ritagliate” (non solo riga per riga, ma a volte parola per parola o lettera per lettera), per chi ha la pazienza di farlo, sono leggibili e, contemporaneamente, ispirano e spiegano la forma che ogni manufatto assume alla fine. Il suo obiettivo? Salvare i libri cartacei dall’obsolescenza che la digitalizzazione lascia intravvedere nel loro prossimo futuro.
Anatol Knotek, Human Right
Con le parole “gioca” anche il viennese Anatol Knotek, classe 1997, sia utilizzando lettere e numeri per comporre volti sia realizzando poesie visuali su textinstallationen ossia pannelli di forte impatto visivo. Pur lavorando con una forte attenzione all’estetica, Knotek, a volte decostruendo le parole per esplicitarne l’ideologia implicita, non trascura il contenuto e quindi i significati culturali e politici delle sue opere nelle quali, infatti, affida alla forma il compito di “eccitare” la concentrazione sull’essenza concettuale del gesto artistico.
Sulla stessa scia, ma generalmente senza particolari riflessioni extrartistiche, ci sono poi i lavori pop del pittore inglese Sean Williams, famoso per realizzare volti di musicisti utilizzando i testi delle loro canzoni o quelli di Gray Ward che tra Londra e New York ha messo a frutto il suo progetto Words are picture (le parole sono immagini), creando loghi per Kalvin Klein, Dior e molti altri. Molta pubblicistica non specializzata presenta spesso queste opere come esempi di creatività innovativa, fuori da regole e schemi, insomma il nuovo che avanza. Di fronte ad affermazioni simili (non alle opere degli artisti ovviamente), viene spontaneo immaginarsi un ipotetico al di là dove Apollinaire, Depero, Marinetti, Tzara, Klee e tanti altri se la ridono di gusto.
“Fare arte” con le lettere e le parole non è infatti una novità del XXI secolo.
Senza andare a scomodare i miniatori medievali che trasformavano il capolettera in una raffigurazione artistica basandosi sulle forme geometriche del grafema, vediamo innanzitutto perché la parola e le lettere che la compongono siano diventate oggetto di interesse nel mondo artistico sino dagli albori del Novecento.
Un elemento di grande importanza da prendere in considerazione sono le nuove teorie linguistiche che si andavano diffondendo in quell’epoca nel mondo intellettuale, soprattutto con gli studi del ginevrino Ferdinand de Saussure (1857-1913). Questo rinnovato interesse verso il linguaggio non poteva rimanere immune dal desiderio di rivoluzionare il mondo che la modernità portava con sé e che investiva ogni ambito dei saperi oltre che della vita quotidiana.
Guillaume Apollinaire, Calligramma da: Calligrames: Poems of Peace and War 1913-1916
Tra i primi a testimoniarlo fu Guillaume Apolinnaire, poeta, scrittore e drammaturgo: «[…] l’uomo è alla ricerca di un nuovo linguaggio / Sul quale il grammatico di qualsiasi lingua non avrà niente da dire / E queste vecchie lingue sono così vicine a morire / Che è veramente per abitudine e mancanza di audacia / Che ce ne serviamo ancora in poesia» (La Vittoria). Partendo dalla considerazione che i grafemi, oltre a dare vita al significato semantico e al suono della parola, sono segni tracciati sul foglio e, come tali, sono leggibili anche come immagini, Apollinaire riprese una tecnica già nota nel mondo ellenico tre secoli prima di Cristo. Infatti, così come le poesie figurate del periodo alessandrino (denominate technopaegnia) dove i versi venivano disposti in modo da formare una figura, il poeta dà vita ai calligrammi, un suo neologismo per indicare l’incontro tra ideogramma e calligrafia, ossia, come lo descrive lui stesso: «Un insieme di segno, disegno e pensiero, la via più corta per esprimere un concetto e obbligare l’occhio ad accettare una visione globale della parola scritta».
Guillaume Apollinaire, Calligramma da: Calligrames: Poems of Peace and War 1913-1916
Al di là dell’aspetto visivo, con la trasformazione della forma grafica in significante l’obiettivo di Apollinaire era la rottura con la tradizione poetica. Una rottura che egli perseguiva con impeto modernista anche eliminando la punteggiatura e adottando il verso libero (come in Alcool, la sua seconda raccolta poetica), oppure proprio con I Calligrames (Calligrames: Poems of Peace and War 1913-1916 è il titolo della sua raccolta di poesie, nota appunto per la disposizione figurativa delle parole), dinamizzando la parola scritta. D’altra parte, Apollinaire era coerente con la sua epoca di transizione da un secolo all’altro e di profonde trasformazioni grazie alle invenzioni tecnologiche. Se l’arte visiva di quel tempo inglobava i concetti di velocità e simultaneità, lui, poeta cubista come venne definito, lo faceva con la sua poesia, per di più anticipando l’arte cinetica che sarà uno dei “cavalli di battaglia” del Futurismo. All’epoca, la critica più conservatrice lo chiamò in maniera dIspregiativa brocanteur, rigattiere: in realtà il suo procedimento artistico, benché sia durato pochi anni essendo il poeta morto all’età di 38 a causa dell’influenza spagnola, ha rappresentato una svolta decisiva nella poesia moderna tanto da influenzare gli ambienti letterari europei per lungo tempo.
Guillaume Apollinaire è morto giovane, ma con i suoi lavori ha “acceso” la miccia che in brevissimo tempo avrebbe portato all’esplosione della parola e all’invenzione di quella “nuova lingua” che già nel 1871 il Veggente Rimbaud nella sua Lettre du Voyant, immaginava che avrebbe riassunto tutto: «profumi, suoni, colori».
Il ritratto fotografico: Guillaume Apollinaire (5./5)
Blu come un'arancia 18.11.2011, 02:00
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