Arte e Spettacoli

Surrealiste al centro della scena

Da Gertrude Abercrombie a Leonora Carrington passando per Leonor Fini. Le loro opere esplodono sul mercato e invadono i musei: ecco perché tutti parlano di loro

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Da sinistra a destra: Leonora Carrington - Leonor Fini - Gertrude Abercrombie

Da sinistra a destra: Leonora Carrington - Leonor Fini - Gertrude Abercrombie

Di: Lorena Pianezza 

New York, novembre 2025. Durante una delle settimane più cruciali per il mercato globale dell’arte, dedicata alle grandi aste autunnali, Message for Mercy di Gertrude Abercrombie è stata aggiudicata da Sotheby’s per oltre un milione di dollari, segnando un record per l’artista.

Ma non è solo un semplice record: è il segnale di un cambiamento profondo che, da alcuni anni, sta riportando alla luce le voci femminili del surrealismo, rimaste ai margini di una storia scritta quasi interamente al maschile, basti pensare a figure come Salvador Dalí, Man Ray o Max Ernst. Figure certo importantissime, immense, ma talmente grandi, forse, da metterne in ombra molte altre.

Gertrude Abercrombie, la strega di Chicago (1909 -1977)

Abercrombie amava definire le sue opere «cose semplici che sono un po’ strane». Lune a falce, alberi malati, porte socchiuse, gatti neri, gufi e figure femminili - spesso autoritratti - popolano i suoi dipinti. Elementi quotidiani, trasfigurati in scenari sospesi tra realtà e sogno. Il suo surrealismo è intimo, essenziale: paesaggi desolati e interni spogli che evocano isolamento e introspezione. Dietro la semplicità apparente, ogni quadro è un enigma, un invito a esplorare mondi interiori.

Minimalismo enigmatico

Come le donne dei suoi dipinti, Abercrombie era alta e magra; amava accentuare la propria aura di mistero indossando un cappello di velluto a punta, quasi a incarnare le sembianze di strega. Questo vezzo, che lei stessa descriveva come divertente, le permetteva di esercitare un sottile potere: attrarre, incuriosire, talvolta spaventare.

Protagonista indiscussa del vivace ambiente jazz di Chicago, amava circondarsi di musicisti, poeti e artisti queer, creando un microcosmo culturale unico. Eppure, la sua fama rimase confinata a una notorietà effimera: troppo eccentrica, troppo indipendente. La «strega di Chicago» fu liquidata come curiosità, non come artista di spessore.

Oggi il vento è cambiato. Il 2025 ha segnato la sua consacrazione museale con la retrospettiva «Gertrude Abercrombie: The Whole World Is a Mystery», in corso fino all’11 gennaio 2026 al Colby Museum of Art. Una mostra che ha acceso l’interesse del pubblico e, in parallelo, quello del mercato, in linea con un trend più ampio: la riscoperta delle surrealiste. Ma perché proprio ora?

Negli ultimi anni, musei e curatori stanno rivedendo il canone, restituendo visibilità a voci femminili che la storiografia aveva relegato ai margini. Il mercato segue questa tendenza: dopo anni di concentrazione su pochi nomi celebri, si cercano territori inesplorati. Le surrealiste offrono proprio questo: un linguaggio originale, opere rare e una prospettiva che amplia il significato del movimento. Emblematici sono i casi di Leonor Fini e Leonora Carrington, tornate protagoniste nelle scelte curatoriali e nelle dinamiche collezionistiche.

Leonor Fini, la sfinge dell’arte (1907 – 1996)

Portamento superbo, sguardo magnetico, indole volitiva e immaginazione dirompente, Leonor Fini è stata una delle figure più originali e affascinanti dell’arte del Novecento. Pittrice, illustratrice, scenografa, costumista e performer ante-litteram, fu definita da Max Ernst, con cui ebbe una breve relazione, «donna di scandalosa eleganza, capriccio e passione». L’artista rifiutò la struttura maschilista del gruppo surrealista guidato da André Breton e dipinse donne regali e intoccabili, creature che fondono mito, erotismo e potere.

«Sono una pittrice. Quando mi chiedono cosa faccio, rispondo: io sono», dichiarava con orgoglio.

Palazzo Reale di Milano le ha dedicato, da febbraio a giugno 2025, la grande retrospettiva Io sono Leonor Fini, con oltre cento opere che raccontavano la sua forza visionaria.

Leonor Fini
04:57

Io sono Leonor Fini

RSI Cultura 10.04.2025, 18:30

  • RTS-RSI
  • Lorena Pianezza/Edoardo Nerboni/Debora Huber
Leonora Carrington, la «sposa del vento» (1917 – 2011)

Artista inglese dal fascino magnetico, Leonora Carrington incantava non solo per la sua personalità ribelle, ma soprattutto per la sua arte: un crogiolo di fantastico e bizzarro, di occulto e irrazionale, di onirico ed esoterico. Se ancora oggi le sue opere risultano così evocative e ammalianti, seppur cariche di enigmi, è perché parlano in modo personalissimo di libertà, trasformazione, resilienza, del rispetto della vita in tutte le sue forme, della difesa della natura e dei diritti delle donne.

Del primo folgorante incontro con il Surrealismo racconterà: «Ho subito sentito che era un universo a me familiare, dove era possibile collegare mondi diversi attraverso i sogni o l’immaginazione». Ad una cena, la ventenne Leonora conosce Max Ernst, quarantaseienne: nasce una delle liaison più travolgenti dell’arte moderna. Ernst la soprannomina «sposa del vento», ma lei, fiera della propria indipendenza, rifiuterà sempre l’appellativo di musa: «Non avevo il tempo di essere la musa di nessuno… ero troppo impegnata a ribellarmi alla mia famiglia e a studiare per diventare un’artista».

Oggi Leonora Carrington è protagonista di una grande mostra allestita a Palazzo Reale a Milano, aperta fino all’11 gennaio 2026.

Alchimie oniriche

Il filo rosso che unisce queste tre artiste

Per decenni sono state oscurate da biografie turbolente o da etichette riduttive. Oggi, in un’epoca che interroga i canoni e cerca nuove prospettive, il loro linguaggio visionario appare più vivo che mai. Il mercato le premia, i musei le celebrano, la critica le include nella storia.

E non si tratta di un atto riparativo. Il passaggio da un canone maschile dominante a una costellazione di autrici è un riallineamento delle metriche di qualità. Le opere di Fini, Carrington e Abercrombie non si collezionano per il loro genere, ma perché ampliano il linguaggio del surrealismo e offrono rarità con provenienze solide e musealizzate.
Non è solo un revival: è una restituzione di senso. Finalmente, il surrealismo parla anche con voce femminile.

55:29
 Meret Oppenheim

La versione di Meret

Voci dipinte 07.12.2025, 10:35

  • Keystone

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