Un paio di zoccoli non sono meno adatti per fare un quadro che legno, chiodi, trementina e colori a olio.
Robert Rauschenberg
Così dicendo, Robert Rauschenberg, scomparso nel 2008, affermava la sua volontà di non fermarsi alla superficie della tela e di superare i limiti spaziali e materiali della pittura. Infrangendo le convenzioni, fu tra i primi artisti americani a “uscire” dalla pittura inglobando nell’opera oggetti vissuti e di scarto, combinando e amalgamando i materiali più disparati.
I pittori usano i colori, che di per sé sono oggetti. Io voglio solo inserire nel quadro cose che appartengono alla vita di tutti i giorni
Robert Rauschenberg

Robert Rauschenberg, Parsons' Live Plants Ammonia (Cardboard), 1971
Ma non fu solo questo a fare di lui un formidabile innovatore: oggi Rauschenberg è ricordato anche per il suo porsi costantemente al crocevia fra le diverse discipline, per la sua attitudine collaborativa e l’inesauribile curiosità, per l’importanza data allo scambio di idee e al confronto. Ed è proprio su questa sua trasversalità e apertura verso gli altri e verso ogni forma di espressione che puntano l’attenzione le tante iniziative e le mostre in giro per il mondo organizzate in concomitanza con il centenario della nascita dell’artista. Per una panoramica sugli eventi, la Robert Rauschenberg Foundation ha creato un apposito sito web. Oltre ai progetti promossi dalla Fondazione newyorkese, che ne conserva l’archivio, le celebrazioni coinvolgono numerose istituzioni culturali internazionali: dal Museum Brandhorst di Monaco al Museum Ludwig di Colonia, dalla Fundación Juan March di Madrid alla Kunsthalle di Krems, in Austria.

Robert Rauschenberg, Untitled Spread, 1983
In Italia sono due i progetti espositivi organizzati per l’occasione: al Museo del Novecento di Milano è allestita fino al 29 giugno la mostra “Rauschenberg e il Novecento”, che propone un dialogo inedito e affascinante fra le opere dell’artista americano e alcuni dei più importanti capolavori ospitati all’interno del museo; sempre a Milano, alle Gallerie d’Italia, dal 30 maggio al 5 ottobre 2025 ha luogo “Una collezione inattesa. La Nuova Arte degli Anni Sessanta e un Omaggio a Robert Rauschenberg”, che include un nucleo di diciassette opere del pittore ‒ tra cui il capolavoro Blue Exit del 1961 ‒ provenienti dalla collezione Luigi e Peppino Agrati. Tra grandi tele, disegni e litografie, il percorso racconta non solo l’evoluzione tecnica e stilistica di Rauschenberg, ma anche il rapporto con le immagini e i temi sociali e politici della sua epoca.
Nato il 22 ottobre 1925 a Port Arthur, in Texas, con sangue Cherokee nelle vene, Robert Rauschenberg studia all’Art Institute di Kansas City e all’Académie Julian di Parigi; continua quindi la sua formazione artistica al Black Mountain College di Asheville, in North Carolina, dove segue le illuminanti lezioni di Joseph Albers, artista e teorico del Bauhaus. In questa scuola, dalla natura profondamente sperimentale e votata a un approccio interdisciplinare, il giovane Rauschenberg inizia a maturare la sua idea di arte multiforme e collaborativa. Alla fine degli anni Quaranta, decide di trasferirsi a New York, dove si iscrive all’Arts Students League e si guadagna da vivere come vetrinista. È uno dei numerosi artisti che dalla provincia approdano nella Grande Mela e l’impatto con la metropoli, che gli appare come un «continuo accostamento irrazionale di cose», è per lui elettrizzante.

Robert Rauschenberg, Untitled (Spread), 1983
Nei primi anni Cinquanta, Rauschenberg realizza la serie White Paintings, tele dipinte completamente di bianco, che riflettono la luce e le ombre circostanti. Compie poi ulteriori studi al Black Mountain College, dove stringe amicizia con il musicista John Cage e il coreografo Merce Cunningham. In occasione di quello che è considerato il primo Happening della storia, Theater Piece No. 1, un evento organizzato da Cage presso il Black Mountain College e che unisce musica, danza, pittura e poesia, alcuni White Paintings vengono usati per la scenografia. Più tardi, Cage attribuirà a questa serie di dipinti l’ispirazione per la sua celebre composizione “silenziosa” 4’33”.

Robert Rauschenberg, Onoto Snare - ROCI VENEZUELA, 1985
Nel 1952, Rauschenberg viaggia in Europa e in Nord Africa insieme all’amico artista Cy Twombly. Tornato negli Stati Uniti, apre uno studio a Manhattan e crea i suoi primi Combine Paintings, inusuali assemblaggi che integrano pittura astratta e immagini ed elementi del mondo reale, come stoffe, giornali e objets trouvés. La tela diventa un ricettacolo di materiali eterogenei e inaspettati.
Ecco così il vecchio ombrello di Allegory (1959-60), la sedia applicata contro il quadro di Pilgrim (1960), la capra impagliata di Monogram (1954-59), la gallina imbalsamata di Odalisk (1955-58), il raro esemplare di aquila americana di Canyon (1959), e ancora scarpe, porte girevoli, palle da baseball, cartelli stradali, e poi la trapunta usurata di uno dei suoi Combine più noti, Bed (1955), che viene esposto per la prima volta nel 1958 dal leggendario mercante d’arte Leo Castelli, con cui Rauschenberg instaura un rapporto di stima e fiducia. Opera, quest’ultima, che approda anche a Parigi, all’Exposition Internationale du Surréalisme, ma che suscita forti polemiche quando viene esposta al Festival dei Due Mondi di Spoleto, tanto da dover essere rimossa. Poco male per Rauschenberg, che rifiuta di rifarsi a qualsivoglia standard o tendenza: «Se la maggior parte della gente è d’accordo sulle stesse cose, allora siamo nella generalità, e la generalità è la morte dell’evoluzione, del cambiamento. I movimenti artistici sono la fine di ogni cambiamento». E ancora: «La mia pittura è una reazione al fatto che uno stereotipo è una convenzione, un luogo comune, come lo sono per esempio un clochard e un miliardario. Insomma, io sono contro le categorie».

Robert Rauschenberg, Summer Glut Fence, 1987
“Iconoclasta gentile”, definizione che lui stesso usa nel corso di un’intervista con la giornalista Dorothy Seckler nel 1965 (cfr. il volume L’iconoclasta gentile, Castelvecchi, 2015), Rauschenberg è convinto che la pittura sia in relazione tanto con l’arte quanto con la vita: «Io cerco di operare nella frattura che esiste fra le due». Intrecciando manualità e ready-made, abolisce i classici confini fra pittura e scultura e qualsiasi ordine gerarchico fra gli elementi. Ne risulta un mix fra la pennellata dell’Espressionismo astratto e la pratica del collage, che la critica definisce New Dada e in cui si ravvisano i prodromi della Pop Art. A Rauschenberg queste etichette e categorizzazioni importano ben poco: a lui interessa soltanto restituire quel «senso di ricchezza e complessità» che percepisce intorno a sé.
All’inizio degli anni Sessanta, è ormai una delle figure di spicco della nuova scena statunitense ed espone regolarmente nei più importanti musei e gallerie, sia in America sia in Europa. A sancire l’importanza del suo lavoro è il Gran Premio della Pittura alla Biennale di Venezia del 1964 (è il primo americano a riceverlo).

Robert Rauschenberg, Trasmettitore Argento Glut (Neapolitan), 1987
Lungo tutta la sua sessantennale carriera, Rauschenberg non cessa di sperimentare nuove tecniche e linguaggi, come il “transfer”, consistente nell’imprimere delle immagini su carta o su tessuto attraverso lo strofinamento con trementina; ricorre ampiamente alla serigrafia (decisivo in tal senso l’incontro con Andy Warhol nel 1962), e non abbandona mai la fotografia, passione che coltiva fin da studente. Porta avanti anche il lavoro di scenografo e costumista, prima con la compagnia di danza di Merce Cunningham, poi con la Paul Taylor Dance Company e il Judson Dance Theater, e infine con Trisha Brown. Si interessa anche al rapporto fra arte e tecnologia, creando opere interattive, come Oracle e Solstice, e collaborando con alcuni ingegneri alla fondazione nel 1966 dell’E.A.T. (Experiments in Art and Technology).

Robert Rauschenberg, Muse Poodle Roll (Phantom), 1991
Nel 1970, Rauschenberg lascia New York per trasferirsi a Captiva Island, nel Golfo del Messico, al largo della costa della Florida. Da lì prosegue la sua attività di artista ma anche di promotore e sostenitore dell’arte, attraverso progetti come Change, Inc., un’organizzazione non profit che aiuta gli artisti in difficoltà economiche, il ROCI (Rauschenberg Overseas Culture Interchange), con lo scopo di promuovere il dialogo interculturale attraverso l’arte, soprattutto in paesi difficili e in via di sviluppo, e la Robert Rauschenberg Foundation, che ancora oggi opera a supporto degli artisti e dei loro diritti.
Parlando del suo percorso artistico, Rauschenberg affermò una volta: «L’unico aspetto del mio lavoro che è rimasto invariato è la tendenza a trarre energia e ispirazione dalla vita che conduco e dal luogo in cui mi trovo nell’istante presente». Col tempo, sono state le sue opere a offrire a loro volta energia e ispirazione a generazioni di artisti.
Una selezione degli eventi proposti in Europa per il centenario della nascita dell’artista:
- Fünf Freunde: John Cage, Merce Cunningham, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Cy Twombly. Museum Brandhorst, Monaco di Baviera fino al 17 agosto e al Museum Ludwig di Colonia dal 3 ottobre all’11 gennaio del 2026
- Robert Rauschenberg: l’uso delle immagini, Fundación Juan March di Madrid tra il 3 ottobre 2025 e il 18 gennaio 2026
- Rauschenberg e il Novecento al Museo del Novecento di Milano fino al 29 giugno 2025
- Una collezione inattesa. La Nuova Arte degli Anni Sessanta e un Omaggio a Robert Rauschenberg Gallerie d’Italia, Milano, aperta fino al 5 ottobre 2025
- Robert Rauschenberg: immagine e gesto è prevista invece sarà proposta tra novembre 2025 e aprile 2026 alla Kunsthalle di Krems, in Austria
- Da visitare online il sito web della Robert Rauschenberg Foundation creato pere l’occasione.
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Voci dipinte 15.06.2025, 10:35
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