Con notevole ritardo, recupero finalmente il film BonSchuur Ticino, di cui ho sentito parlare in lungo e in largo, sempre con tono positivo. Un lungometraggio che ha sbancato al botteghino, piazzandosi tra i dieci film svizzeri di maggior successo mai realizzati. La premessa, per quanto surreale, è geniale: l’approvazione dell’iniziativa “No Bilingue” elimina uno dei tasselli identitari della Svizzera, il plurilinguismo, rendendo a tutti gli effetti il francese unica lingua nazionale. La reazione non si fa attendere: i ticinesi si mobilitano per difendere la loro lingua e si crea un gruppo di resistenza pronto alla secessione, pur di opporsi al monolinguismo.
Il voler far commedia su un punto così delicato della nostra identità è interessante e coraggioso. La pellicola del regista Peter Luisi è effettivamente un prodotto originale e autoironico, capace di strizzare l’occhio a ciò che contraddistingue ogni regione linguistica, senza aver paura di prendersi in giro.
E infatti ridiamo degli svizzeri tedeschi un po’ quadrati, che faticano a imparare il francese e risultano impacciati in questo capovolgimento degli equilibri. I secoli di maggioranza linguistica hanno effettivamente concesso loro un enorme privilegio ed è quindi naturale sentirsi spaesati. (Piccolo appunto: si tratta di una cosa peraltro verissima, poiché gli studi confermano che tra i germanofoni la seconda lingua più diffusa è l’inglese, mentre i romandi e gli italofoni sono inclini a imparare prima un’altra lingua nazionale, per poter essere più competitivi).
Continuando la visione del film si può quindi apprezzare la simpatia dei personaggi e la narrazione parodica del plurilinguismo, che vuole essere certamente leggera pur toccando un nervo scoperto.
Da ticinese con uno smisurato interesse - professionale e personale - per le lingue, qualcosa però non mi torna. Ed è la rappresentazione dell’italiano.

"Schwizerdütsch" che scioglilingua
Falò 15.04.2025, 21:15
In un’intervista concessa a Falò nel documentario Schwizerdütsch: che scioglilingua, Leonardo Nigro (l’attore che in Bonschuur Ticino interpreta il sindaco di Bellinzona, Enzo Castani) spiega che durante la sua carriera da attore si è dovuto confrontare con altri dialetti, tra cui quello grigionese; a questo proposito sostiene che se si fosse sentito il suo accento di Zurigo, allora il suo personaggio avrebbe perso di credibilità. In BonSchuur Ticino, invece, di comune accordo con il regista è stato deciso che non era importante sentire o meno la cadenza o l’accento tipico dell’italiano ticinese. Ma è davvero una questione trascurabile? Si tratta certamente di un dettaglio, ma in un contesto in cui tutto ruota intorno alle specificità linguistiche, questo dettaglio diventa estremamente significativo.
Leonardo Nigro è madrelingua svizzero tedesco e italiano, anche se l’Italia, la Puglia in particolare, l’ha lasciata prestissimo, da bambino. La differenza di sensibilità linguistica si nota attraverso il confronto con Catherine Pagani, attrice coprotagonista che interpreta la ribelle ticinese Francesca. Lei stessa nel suo curriculum dichiara di parlare italiano come madrelingua (è infatti nata a Lugano) e con simpatica ironia dice di parlare tedesco con il “Christa Rigozzi-Akzent”, a cui aggiunge anche il Bühnendeutsch e lo Züridütsch.
Se, come dicevo in apertura, si può certamente fare autoironia e giocare sui cliché, bisogna però sempre farlo nel modo giusto, evitando di cadere nel ritratto stereotipato delle minoranze linguistiche. Gli svizzeri hanno dimostrato già in passato di saper ridere di loro stessi, tanto che il film di maggior successo elvetico è “Die Schweizermacher” (1978) di Rolf Lyssy, un altro lungometraggio di carattere satirico. E i ticinesi non sono certo da meno.
Non ci si offende, quindi, se si viene rappresentati come un Bel Paese in miniatura, con l’Apecar che sfreccia tra i borghi sulle rive del lago Maggiore, perché nella parodia c’è sempre una parte di verità. Il Ticino è effettivamente una regione particolare, con un clima profondamente diverso dal resto della Svizzera che ha influenzato sicuramente il temperamento dei suoi residenti. È pure piacevole vedere il nostro territorio ritratto come una cartolina, un posto incantevole, con persone simpatiche che festeggiano amabilmente nei grotti (se fosse comparso anche qualche tipico tazzin o boccalin, avremmo certamente riso).
Quello che invece alimenta il dispiacere è quel sentore di occasione mancata. BonSchuur Ticino resta una pellicola riuscita e divertente, in cui gli attori hanno dato prova della loro bravura, ma ciò che non funziona è la diversa sensibilità dimostrata quando si parla delle lingue che compongono la Svizzera.
L’italiano è una delle quattro lingue nazionali, parlata da quasi 680’000 svizzeri.
E allora perché non c’è dunque stata la stessa attenzione nel rappresentare l’italiano della Svizzera italiana all’interno di BonSchuur Ticino? Un italiano che ricordiamo essere una vera e propria varietà linguistica e che, a voler essere precisi, detiene una sua autonomia e indipendenza. Eppure, la risposta alla nostra domanda è poco rassicurante: perché non è così importante.
Sarebbe quindi gravissimo se uno svizzero tedesco di Zurigo impersonasse un grigionese in modo poco convincente, ma se il sindaco di Bellinzona in un film che vuole essere un inno al plurilinguismo ha una cadenza lontana da quella dall’italiano ticinese o se i cartelli dei ribelli ticinesi recitano goffamente “No saremo oppressi” in un italiano sgrammaticato, poco importa. Due pesi, due misure.
E se da un lato potremmo infischiarcene della scarsa considerazione che viene dedicata alla nostra lingua in una commedia, purtroppo sappiamo benissimo che questa poca attenzione nei nostri confronti è reale. L’italiano è infatti insegnato come lingua seconda obbligatoria solo nelle aree germanofone del Canton Grigioni, mentre nel resto della Svizzera è una materia opzionale o facoltativa.
Quindi, se le intenzioni del lungometraggio di Luisi sono nobili, occorre mettere a fuoco una precisa contraddizione: come possiamo celebrare il plurilinguismo svizzero se non diamo pari dignità alle singole lingue?
Finché le lingue minoritarie continueranno a essere rappresentate come delle macchiette anziché come culture vive e complesse, il plurilinguismo elvetico resterà più un ideale narrativo che una realtà concreta.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/film-e-serie/Bonjour-Ticino--2001703.html