EVIL DOES NOT EXIST di Ryusuke Hamaguchi (Concorso)
Dal regista di "Drive My Car" un film che ha convinto la critica festivaliera, grazie alla sua struttura non abituale. Nasce infatti come progetto di film solo musicale (con la collaborazione del compositore Eiko Ishibashi) da suonare dal vivo, facendo scorrere le immagini della natura giapponese, si è sviluppato in un lungometraggio di fiction dalle tematiche naturalistico/ecologiste. Protagonista è Takumi (Hitoshi Omika) padre single e factotum del paese, saggio e burbero, che si mette alla guida della comunità minacciata dall'idea di una multinazionale della capitale che, pur di utilizzare i fondi Covid, decide di impiantare nella zona un "glamping", un "glam-camping" la cui realizzazione metterebbe in pericolo le sorgenti d'acqua tanto preziose e tanto utili alla comunità, ma anche l'habitat di alcune specie di animali selvaggi. Dialoghi misurati e pungenti, il giusto umorismo e tanta meravigliosa natura costituiscono la struttura cinematografica di questo sorprendente lavoro di Hamaguchi.
COUP DE CHANCE di Woody Allen (Fuori concorso)
A Venezia è arrivato anche il 50mo film del grande autore, quel film che Cannes non ha voluto presentare, ma che in Laguna è arrivato con il suo bagaglio di polemiche, manifestazioni e critiche Eppure il "Colpo di fortuna" di Allen è un bel film, secondo alcuni critici anche uno dei suoi film più riusciti in assoluto. Di certo ci riporta alle atmosfere di Match Point, raccontandoci la storia di Fanny (Lou de Laâge) donna apparentemente compiuta e soddisfatta della propria vita, al fianco di un ricco faccendiere, Jean (Melvil Poupaud), le cui fortune hanno origini chiacchierate ma, nonostante questo, ben accolto in tutti i ritrovi dell'élite parigina. Quando Fanny incontra un ex compagno di studi, che le dichiara di non aver mai smesso di amarla, inizia una storia fatta di passione, tradimento, detective privati che indagano, sparizioni e colpi di scena. Al centro dei quali si catapulta la mamma di Fanny (Valérie Lemercier, grande comica francese). Allen dirige sapientemente un cast tutto francese e, con la fotografia di Vittorio Storaro, ci trasporta in un autunno parigino dove sono le emozioni (ed i soliti dialoghi perfetti) a regalarci una pagina di grande cinema.
LUBO di Giorgio Diritti (Concorso)
Il nuovo film del regista di "Volevo nascondermi" (Orso d’argento per la performance di Elio Germano nei panni del pittore Ligabue) è ispirato al romanzo "Il seminatore" di Mario Cavatore. Al centro della vicenda c'è Lube Reinhardt (interpretato dal Franz Rogowski di Freaks Out e Disco Boy), un artista di strada nomade che nel 1939, dopo essere stato chiamato nelle fila dell’esercito svizzero per difendere i confini da una possibile invasione tedesca, scopre che sua moglie è morta tentando di impedire alle forze dell’ordine di portare via i tre figli piccoli della coppia, sottratti alla famiglia in ossequio al programma di rieducazione nazionale del governo elvetico "Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse", mirante ad estirpare la cultura Jenisch ed il vagabondaggio. Per Lubo, che dopo aver disertato uccidendo un contrabbandiere, rubandogli soldi e gioielli ma soprattutto l'identità, è l’inizio di un’odissea alla ricerca dei suoi bambini e per riaffermare la dignità delle numerose vittime di quel programma. Un film dai ritmi dilatati (181 minuti forse sono anche eccessivi) nei quali domina il protagonista Franz Rogowski, che si è preparato studiando 4 lingue, imparando la giocoleria (è transitato dal Teatro Dimitri) che è credibile e presente praticamente in ogni scena del film.
DAAAAAALI'! di Quentin Dupieux (Fuori concorso)
Il film "gemello" dello "Yannick" in concorso a Locarno, "Daaaaaalì!" era dei due quello atteso e annunciato. In poco meno di 90' Dupieux riesce a divertire e spiazzare il pubblico, con questo film eclettico, eccentrico e grottesco, nel quale si alternano i disperati tentativi di una giornalista (Anaïs Demoustier) di realizzare un'intervista al grande artista spagnolo, e un sogno che lo vede protagonista, che sembra non finire mai avvolgendo la storia in un loop temporale quasi da "giorno della marmotta". Con il suo umorismo bislacco e perverso, che appiccica ai 4 attori che impersonano Salvador Dalì nel film (a cominciare da un immenso Édouard Baer) ci regala una ironica fotografia sul narcisismo di certi artisti, scegliendo come icona colui la cui personalità incontrollabile (a detta pure di se stesso) "è stata probabilmente il suo più grande capolavoro".