Domenico Lucchini, storico del cinema, ha appena pubblicato un’importante monografia sul cinema del regista, di origini ticinesi, Silvio Soldini. Il volume, pubblicato da Dadò, si intitola Magico Realismo – il cinema di Silvio Soldini.
Silvio Soldini è un regista che produce i suoi primi lavori negli anni ‘80. Ad oggi ne ha realizzati esattamente 40, con l’ultimo che in fase di montaggio intitolato “Le assaggiatrici”. Ed è un regista anomalo, diciamo così. Non si rivolge direttamente alla tradizione italiana: è un regista che ha una sua originalità anche di linguaggio: l’elogio del frammento, l’inquadratura sempre con la giusta distanza, come diceva AlainTanner, che è un referente per Soldini. La cura per i dettagli, gli oggetti che diventano significanti. Il montaggio che sfronda, elide e marca e segna il tempo.
Domenico Lucchini
Domenico Lucchini già responsabile della promozione del cinema svizzero a Berna presso l’Ufficio federale della cultura, direttore del Centro culturale svizzero di Milano, direttore artistico dell’Istituto svizzero di Roma e per 15 anni a capo del CISA. Il libro è un lavoro sistematico, che copre l’opera omnia di Soldini, costruito secondo due assi principali: uno è quello orizzontale dei capitoli, suddivisi in base al tipo di opera cortometraggio, mediometraggio, lungometraggio, documentario, ecc. e l’altro, che potremmo definire verticale, è quello cronologico: ogni capitolo racconta le opere di Soldini seguendo l’ordine in cui sono venute alla luce.
Una tematica cara a Silvio Soldini è l’importanza della casualità, del caso, che è il motore che fa scaturire le vicende quasi in ogni film di Soldini. Il caso come era nel cinema di Kieslowski, tanto, tanto per intenderci. Un altro fil rouge del cinema di Soldini è il viaggi, i viaggi, inteso sia come fuga, sia come ritorno. Spesso sono dei viaggi fermi, dei “falsi movimenti”, per citare un altro autore, almeno agli inizi caro a Soldini, che è Wim Wenders.
Domenico Lucchini
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