Cinema

Primi echi dal concorso

20 film alla caccia dell’Orso d’oro 2024

  • 20 febbraio, 11:20
  • 21 febbraio, 09:57
Keyke mahboobe man
Di: Alessandro Bertoglio

Questi alcuni spunti dai primi film proposti alla Berlinale:

Small Things Like These

Il film di apertura, diretto dal regista belga Tim Mielants, ha come produttore Matt Damon (a Berlino ad accompagnare il film) ma soprattutto come protagonista quel Cillian Murphy la cui interpretazione di “Oppenheimer” lo avvicina al premio Oscar. E’ la triste storia delle “Magdalene Laundries” (già trattata in “Magdalene” Leone d’oro a Venezia nel 2002, diretto da Peter Mullan) ovvero quei conventi cattolici gestiti da suore che “ospitavano” le ragazze considerate immorali, per i loro comportamenti troppo libertini o per essere rimaste incinta fuori dal matrimonio. Luoghi più vicini alle prigioni e ai lavori forzati che a istituti di culto: il protagonista Cillian Murphy, che nel film è un venditore di carbone, si imbatte in una di loro e cerca di aiutarla, bucando quella cortina di silenzi che ha sempre circondato questi luoghi. Un film ambientato nel 1985, ma che per la povertà del villaggio irlandese dove è ambientato e la scelta delle immagini, potrebbe essere collocato in qualsiasi anno del XX Secolo (l’ultima “Lavanderia Maddalena” è stata chiusa nel 1996 dopo che oltre 20 mila ragazze hanno subito questo trattamento).

L’Empire

Bruno Dumont (autore de “L’età Inquieta” ma anche di “L’Umanità” e “Flanders” premiati a Cannes) con “L’Empire” era uno dei protagonisti più attesi di questo concorso. Il suo film, che già dal trailer faceva ipotizzare la realizzazione di una parodia delle saghe di fantascienza, è andato oltre: il suo film si è infatti rivelato essere una spietata satira su un certo tipo di cinema americano, che prendendo spunto dalla ipotetica lotta di due razze aliene (gli “Uno” e gli “Zero”) che decidono di scatenare lo scontro finale in Normandia, ci regala cinema allo stato puro e anche un po’ politicamente scorretto... Con una delle astronavi madri che sembra una Cattedrale volante e l’altra che pare una Reggia di Versailles spaziale. Geniale!

Hors di Temps

Convince anche il malinconico e poetico film di Olivier Assayais, che porta sullo schermo due fratelli diversissimi tra di loro, che con le rispettive nuove compagne, si ritrovano confinati dal lockdown nella casa della loro infanzia. Un viaggio tra ricordi, incomprensioni, piccole manie personali e, soprattutto, una quotidianità di coppia tutta da inventare.

Another End

E’ risultato meno convincente il primo film italiano in concorso, “Another End” di Pietro Messina (al suo secondo lungometraggio, ma autore anche della serie tv Suburra). Il film, interpretato dalla star Gael Garcia Bernal, ha respiro internazionale e vuole mettere in scena una fantascienza “diversa”, meno legata ai canoni più tradizionali, ambientata in un luogo imprcisato, una grande città del futuro, dove attraverso la tecnologia, è possibile impiantare memoria ed emozioni di un defunto, per un limitato tempo, nel corpo di un ospite. Un modo per permettere a chi è sopravvissuto di chiarire tutti i non detti e chiudere nel modo migliore un rapporto.

Le sorprese

Due i film che hanno positivamente sorpreso, accomunati dall’essere due commedie agrodolci, con la morte a fare da ospite indesiderato ma anche da motore dell’azione.

Il primo è “Keyke mahboobe man (My favourite cake)” diretto dagli iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha: protagonista una donna 70enne (la straordinaria Lily Farhadpour) rimasta vedova e con una figlia partita per l’Europa, che nei sobborghi di Teheran cerca un ultimo amore e lo trova in un simpatico tassista. Un film sulla solitudine, sul tempo che passa e sulla vita comunque difficile in un Paese privo di libertà.

Il secondo è il tedesco “Sterben” di Matthias Glasner. Due anziani coniugi, malati e soli, sopravvivono grazie a un misero sussidio e all’aiuto di una solerte vicina di casa. Ma qualndo il padre Gerd muore, la moglie Lissy spera di trovare conforto nei figli. Il maggiore, Tom, è un direttore d’orchestra alle prese con un debutto importante di un concerto scritto da un amico e vive una relazione di coppia surreale: la sua ex compagna sta per partorire un figlio avuto da un altro uomo con il quale non vuole più aver rapporti. L a figlia Ellen è alcolizzata e ninfomane e inaffidabile. Un film imponente (più di tre ore) ma anche divertente e ben costruito.

Berlinale: le pagelle di Alessandro Bertoglio

RSI Cultura 19.02.2024, 13:30

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