Father Mother Sister Brother è stato un sorprendente Leone d’oro alla Mostra di Venezia 2025, vista la presenza di un grande favorito (La voce di Hind Rajab) che ricorreva in tutti i pronostici. Jim Jarmusch alla fine ha trionfato, con il suo ritorno al lungometraggio dopo 6 anni in cui s’è concesso solo un corto ed un videoclip. Father Mother Sister Brother è però un film non completamente riuscito, vuoi per la sua formula ad episodi, o per alcune scelte narrative.
Jarmusch dice di aver avuto l’ispirazione per scrivere il film in tre settimane. Di sicuro ha curato al meglio la scelta del cast, perché nessuno degli interpreti è fuori posto o sopra le righe, dal trio di protagonisti del primo episodio (Tom Waits, Adam Driver, Mayim Bialik) a quello che anima il secondo (Charlotte Rampling, Cate Blanchett, Vicky Krieps). Ma anche Indya Moore e Luka Sabbat, i fratelli del capitolo finale, sono credibili: lì è la sceneggiatura che pare meno curata rispetto alle due parti precedenti. Di certo, è il gioco di continui rimandi e autocitazioni che piace, diverte e conquista.
Come mettere sotto la lente i rapporti all’interno di famiglie disfunzionali? Raccontando, per piccole iperboli, spaccati di vita. Così, in una sperduta landa del New Jersey, un padre (Waits) riceve una visita di cortesia dai due figli, che preoccupati per la sua situazione, si presentano con un rifornimento di cibarie e si concedono una chiacchierata surreale. Condita con un brindisi a base di tè (ma si può brindare col tè?).
A Dublino, scenario simile: una madre (la Rampling) attende le due figlie per il tradizionale tè che le vede riunite una volta all’anno. Casa bellissima, che non nasconde un certo tenore di vita, e le due donne che si presentano al portone: Lilith è un’influencer omosessuale, dai capelli rosa, che non ha il coraggio di presentarsi con la compagna; Timothea è invece meticolosa, inappuntabile, insicura – e un po’ noiosa. Tra dolci ipercalorici e un brindisi con il tè (ma si può brindare col tè?) sono più le cose nascoste che quelle condivise, in questo asettico incontro.
Gran finale a Parigi, dove un fratello e una sorella, gemelli, si ritrovano nella casa di famiglia da sbaraccare vista la scomparsa recente dei genitori. Qui si scoprono i piccoli segreti di una vita, che nemmeno i due ragazzi hanno mai immaginato, e si celebrano i ricordi attraverso oggetti e vecchie foto. Il tutto, brindando con... Beh, scopritelo voi (ma si può…?).
Father Mother Sister Brother è un film lento e poetico, dove nel corso dei minuti la poesia si spegne e la lentezza si esalta. La scelta di voler raccontare le reticenze nella vita familiare, mettere alla luce le cose che ci nascondiamo e molti dei non-detti all’interno di rapporti apparentemente forti, ma che nella realtà vivono più di assenze che di presenze, richiedeva una mano soffice – o, in alternativa, di buttarla sulla commedia più esagerata, ma non sarebbe stato più un film di Jim Jarmusch.
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