Ogni festival, ogni concorso fa storia a sé. Molto dipende da come le giurie percepiscono nel complesso i film, lo sguardo che scelgono di utilizzare per valutare opere diverse, sia come struttura narrativa che come linguaggio cinematografico. Poi ci sono delle occasioni, e quella del 78° Locarno Film Festival è una di queste, in cui tutte le congiunzioni astrali convergono sullo stesso film. È quindi con piena soddisfazione, anche dei critici (che sono quelli sempre scontenti, solitamente), che il Pardo d’oro è finito tra le mani di Sho Miyake, che ha portato a Locarno il suo Tabi to Hibi (Two seasons, two strangers). Storia, appunto, di due incontri tra persone sconosciute, in due stagioni diverse, e l’amore per l’immagine cinematografica a fare da sfondo.

Two Seasons, Two Strangers di Sho Miyaki
Il caso (o il fiuto del direttore?) ha voluto che proprio questo film sia stato l’ultimo proposto alla stampa e al pubblico, insieme a quel Yakushima’s Illusion, di Naomi Kawase, piombato a Locarno fuori tempo massimo, dopo l’annuncio della selezione, quando era impossibile ricavare uno spazio in Piazza Grande per un film troppo differente dal resto del concorso. E del resto, Giona Nazzaro ci ha abituato nei suoi cinque anni, ad avere sempre 17 film in gara. Il diciottesimo, quest’anno, è più un regalo che un contendente.
Premio Speciale della Giuria: White Snail
La Giuria guidata dal cineasta cambogiano Rithy Panh, affiancato dalla produttrice e sceneggiatrice americana Joslyn Barnes, dalla “nostra” Ursina Lardi, dal regista e scrittore messicano Carlos Reygadas e dall’attrice olandese Renée Soutendijk, ha decretato anche il successo di White Snail, di Elsa Kremer e Levin Peter: coproduzione tra Germania ed Austria, il film ha conquistato il Premio Speciale della Giuria, ma anche uno dei due pardi per gli interpreti, Maya Imbro e Mikhail Senkov.
Miglior regia: Abbas Fahdel, Tales of the Wounded Land

Tales of the Wounded Land di Abbas Fahdel
La miglior regia è quella del documentario sulla guerra nel sud del Libano Tales of the Wounded Land di Abbas Fahdel, uno dei tanti film che hanno permesso a questa edizione del Festival di aprire uno spazio di discussione politica, grazie anche ad una capillare distribuzione nelle diverse sezioni di titoli capaci di accendere questa voglia di confronto. Che è poi uno dei valori aggiunti che il cinema offre a chi lo fa e a chi lo guarda. E lo ama.
Migliore interpretazione: Manuela Martelli e Ana Marija Veselčić
Menzione speciale: Dry Leaf
Anche le interpreti della coproduzione multinazionale Bog Neće Pomoći God Will Not Help di Hana Jušić, ovvero Manuela Martelli e Ana Marija Veselčić sono state premiate con il Pardo per la migliore interpretazione, da qualche anno assegnato gender neutral agli interpreti più convincenti in concorso. Una menzione speciale, infine, è stata assegnata a Dry Leaf di Alexandre Koberidze, il colossale film georgiano-tedesco, imponente per lunghezza, 186 minuti e per impatto visivo.
Certo, non si può premiare a pioggia, compito della giuria decidere chi merita una riga dell’albo d’oro. Noi ci consoliamo, o meglio speriamo vivamente che opere come Donkey Days di Rosanne Pel, Mektoub, My Love: Canto 2 di Abdellatif Khechice, Sehnsucht in Sangerhausen di Julian Radlmaier e soprattutto Solomamma di Janicke Askevold, da questo concorso spicchino il volo verso altri festival ma, soprattutto, verso le sale. Se lo meritano, e renderebbero ancora più forte di quanto sia già il valore di questa convincente edizione.
Speciale Locarno 78
Tra le righe 15.08.2025, 13:00
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