Anniversari

Una grande luce, il Concilio visto dal Ticino

L’8 dicembre 1965 si chiuse il Vaticano II, un evento che inaugurò una nuova stagione ecclesiale. Un libro di monsignor Grampa per non perdere la bussola

  • Oggi, 14:00
  • 2 ore fa
imago61961955.jpg
  • Imago
Di: Rod 

L’8 dicembre 1965, sessant’anni fa, Paolo VI chiuse il Concilio Ecumenico Vaticano II con una solenne cerimonia. Fu l’epilogo di uno dei momenti più importanti nella storia della Chiesa cattolica del Novecento, fortemente voluto da Giovanni XXIII. Fu l’inizio di una nuova stagione sulla quale ancora oggi, teologi, intellettuali, osservatori ed anche semplici credenti, riflettono con sguardi diversi e a tratti divergenti.

Fra i tanti lavori, quello di monsignor Pier Giacomo Grampa - vescovo di Lugano dal 2003 al 2013 - il quale, in “Il Concilio. Una grande luce” (IPL), raccoglie (dopo un prima edizione del 2019) più interventi stesi tra il 1970 e il 2019. Si tratta, scrive lo stesso vescovo emerito, di «un atto d’amore» nei confronti di un evento ecclesiale che, dice, «ritengo essere il più significativo del mio ministero sacerdotale».

Grampa è consapevole delle tante critiche mosse al Concilio anche da dentro la Chiesa. Nel farne la rilettura, infatti, ricorda come «alcuni rimproverano al Concilio di essere la causa della crisi e dei mali del cattolicesimo di oggi». Anche il teologo Marco Vergottini, nella sua introduzione al volume, ripercorre alcune di queste voci critiche, ricordando, insieme a monsignor Franco Giulio Brambilla, come il Concilio sia diventato «un “segno di contraddizione” nella Chiesa di oggi». Contraddizione che lo studioso luganese Romano Amerio interpretò in termini negativi sostenendo che la «drammatica» crisi del cattolicesimo contemporaneo non avrebbe coinciso con la morte del cristianesimo stesso a condizione che la Chiesa, invertendo la rotta tracciata dall’ultimo Concilio, si disponga non già a leggere i «segni dei tempi» bensì a conformarsi ai «segni dell’eterna volontà». Ma per Grampa «il fatto che la crisi e gli sbandamenti della Chiesa siano successi dopo il Vaticano II non vuole ancora dire che ne furono la conseguenza diretta e che il Concilio ne sarebbe la causa». E ancora: «A leggere l’elenco dei mali e degli errori che il Concilio e certi teologi, attivi nelle assisi conciliari, avrebbero prodotto, si resta allibiti e ci si chiede se vengano letti con oggettività storica, documenti e intenzioni».

In sostanza per Grampa l’impressione è che «si confonda il Concilio con alcune sue applicazioni, queste sì unilaterali e distorte, e si dimentichi che si debbono cercare cause interne alla Chiesa per la sua crisi, ma non meno si deve essere attendi a studiarne e individuarne le cause esterne, legate al contesto culturale e alla mancata sincera conversione degli uomini alle proposte conciliari». Di qui il giudizio netto di Grampa: «Nessun cattolico può presumere di rifiutare il Concilio e nello stesso tempo rimanere membro reale della Chiesa». Piuttosto occorrerà una corretta interpretazione, del giusto discernimento, respingendo sia l’ermeneutica della discontinuità e della rottura sia quella della semplice continuità «per affermare la necessità di una terza via, mediana tra le due parti in conflitto: la via della riforma, del rinnovamento nella continuità».

Del resto, è lo stesso Vergottini a ricordare ancora come il Concilio «impegna e mette in causa i cristiani stessi, sollecitando la Chiesa a collocarsi serenamente all’interno del vivere sociale contraddistinto dalla cultura della modernità, senza rinunciare alla proclamazione di ciò che è vero e giusto, né alla contestazione delle devianze e dei mali del mondo, senza complessi d’inferiorità e senza sottintesi, non già per riaffermare la sua posizione di prestigio in questa situazione radicalmente nuova». Come sosteneva anche il cardinale Carlo Maria Martini, il Concilio inaugura una nuova stagione ecclesiale che invita tutti a maturare una nuova consapevolezza della missione evangelica. Lo stesso Concilio, disse, «fu un momento straordinario, forse quello più bello della mia vita, quello in cui si poteva ripensare, rilanciare e riproporre, in cui si sentiva vibrare una scioltezza, una libertà di parola, una capacità di penetrazione nuova».

17:56

Camminare nello Spirito di Gesù

Tempo dello spirito 19.10.2025, 08:00

  • Unsplash
  • Luisa Nitti

Correlati

Ti potrebbe interessare