Letteratura

Walter Siti

In difesa della civiltà naturale

  • 9 May 2022, 06:53
  • 14 September 2023, 07:19
  • LETTERATURA
Walter Siti
Di: Marco Alloni

A chi volesse conoscere Dubai da una prospettiva non convenzionale, cioè non meramente turistica, consiglierei vivamente il romanzo-resoconto di Walter Siti Il canto del diavolo. Un libro che ha il potere di svelarci così bene gli aspetti più rappresentativi del piccolo emirato arabo da farci passare immediatamente la voglia di visitarlo.

In effetti in quest’opera, a metà tra il racconto e il reportage di viaggio, Dubai appare come il concentrato esatto di quella che potremmo definire civiltà senza civiltà. Ovvero la sintesi perfetta di che cosa riesce a essere la modernità quando pretende di affermarsi bypassando la Storia: un coacervo di avanguardismo senza identità.

La penna di Siti è sempre stata felice e fortemente icastica, ma in questo libro lo è ancora più del solito. Poiché l’autore di Altri paradisi e di Resistere non serve a niente, i suoi due romanzi maggiori, è come se si fosse prestato a un “affondo sacrificale” in tutto ciò che gli spiriti più sensibili maggiormente avversano: l’idea che la Storia possa conoscere una cesura tra passato e futuro determinando il proprio presente solo in virtù di una sorta di esibizionismo economico indifferente alla cultura. Questo infatti Dubai rivela di essere nelle pagine di Siti: una raccapricciante, orrenda e pretenziosa americanizzazione della cultura araba. Non già tuttavia una semplice americanizzazione nel senso di una imitazione caricaturale della cultura e della civiltà americane, bensì una vera e propria esaltazione di tutto ciò che di pateticamente grottesco la cultura e la civiltà americane portano con sé: megalomania architettonica, superficialità artistica ed estetica, ipertrofia del moderno e via elencando. In altre parole tutto ciò che di peggio l’America ha prodotto sul cammino del progresso tecnologico e scientifico e della sua resa incondizionata al diktat del capitalismo.

Siti riesce quindi da par suo a rilevare il paradosso di questa innaturalità senza sedimentazione stigmatizzando ogni singolo obbrobrio con distacco ironico e scandalizzato. Scrive per esempio: “Al Beach Rotana non ci posso credere: a parte che la reception è un casino, introvabile sotto la scala di un mall – la spiaggia, la cosiddetta spiaggia è assurda. Con le tende a baldacchino e i banani (i banani!), poi quattro metri di sabbia infetta e un canalaccio che a stento separa dai cantieri in costruzione; l’isola che stanno creando sarà a non più di ottanta metri”.

Ecco, in poche pennellate abbiamo la cifra di che cosa Dubai esprime nel profondo e alla superficie: un incontro orripilante tra artificialità e senso estremo del Kitsch. Laddove la Natura ha sempre proposto di sé il meglio delle sue risorse attraverso le naturali bellezze paesaggistiche, Dubai si premura di eludere il naturale costituirsi della bellezza per come il creato l’ha disposta concedendosi addirittura il capriccio di costituire delle isole innaturali, cioè artificiali, per farne pateticamente le veci. E laddove a Dubai l’ostile ma affascinante Natura ha deciso per un tavolato desertico senza concessioni ad altra bellezza che a quella monotona e ripetitiva delle sabbie e dell’arsura, ecco che sulla scorta dei progetti avveniristici dello sceicco Zayed i governanti deliberano affinché l’alternativa a questa Natura severa sia il rutilante trionfo del Kitsch. Un Kitsch che finisce per essere, suo malgrado, la migliore manifestazione di che cosa vada inteso come progresso stupido. Scrive a questo proposito Siti: “Alla fine forse hanno ragione loro: l’Assoluto ormai annoia e se si vuole vivere in un flusso continuo di relazioni bisogna puntare sulla stupidità”.

Tutto dunque congiura a Dubai perché sia sterile avvenirismo e modernizzazione coatta. Ma soprattutto perché sia pura innaturalità. La stessa secondo la quale ogni possibile conquista dell’umano può essere imitata o addirittura importata: dalla moda italiana alla poesia araba, dalle grandi strutture urbanistiche occidentali alla fauna e alla flora tropicali. Con il risultato che la più paradossale possibilità per definire Dubai è probabilmente in una formula mortificante: la costruzione della civiltà dal nulla, cioè la sostituzione della civiltà con il nulla.

Ti potrebbe interessare