Jane Austen (16 dicembre 1775 – 18 luglio 1817) è la scrittrice che più di ogni altra ha saputo trasformare il quotidiano in rivelazione. Non le servivano guerre, rivoluzioni o drammi storici: bastava un villaggio, un ballo, una conversazione, un gesto minimo. In quella trama apparentemente minuta, la sua penna scopriva l’universale.
Già adolescente, con Amore e amicizia, Lesley Castle o Catherine, mostrava un talento corrosivo, capace di ridicolizzare convenzioni e istituzioni. Ma la maturità le portò un dono diverso: la capacità di accettare il mondo e di amarlo proprio nelle sue ripetizioni, nelle stoltezze, nelle chiacchiere interminabili. Non c’era nostalgia di altri mondi: il suo sguardo si posava sul presente e lo amava.
In Emma troviamo la sua confessione più limpida. La protagonista, annoiata in un negozio, osserva passanti e dettagli minimi: un fattorino sul mulo, due cani che si contendono un osso. Nulla di straordinario, eppure tutto diventa epifania. “Una mente vivace e tranquilla... non vede nulla che non le piaccia”: è la formula della sua filosofia, la gioia di abitare il reale senza bisogno di altro. Emma, accusata di vanità e snobismo, resta luminosa come la luce del mattino: felice di vivere, felice di respirare. La sua ombra, Jane Fairfax, esalta per contrasto questa vitalità.
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Ogni romanzo è un universo distinto. L’abbazia di Northanger è un gioco incantevole, una parodia del gotico. Ragione e Sentimento rivela la profondità del destino, la lentezza inesorabile degli eventi, e oppone Marianne ed Elinor come in una partita a scacchi. Orgoglio e Pregiudizio dissolve i misteri nella chiarezza della ragione, eppure Austen stessa avvertiva: “Orgoglio e Pregiudizio è troppo leggero, e brillante e spumeggiante; ci vorrebbe qualche ombra”. L’ombra giunge con Mansfield Park, severo e tragico, dove Fanny Price diventa voce silenziosa e sacerdotessa dell’ordine aristocratico, mentre Mary Crawford incarna il fascino e la sua possibile corruzione. Poi Emma ribalta la gravità con la leggerezza delle piccole cose, fino a Persuasione, racconto d’autunno, malinconico e maturo, in cui Anne Elliott ritrova tardivamente la felicità. Infine Sanditon, incompiuto, ci restituisce la gioia squillante della giovinezza nichilista, un’orgia di dialoghi che anticipa Dickens: “grandi sorsate di parole come grandi sorsate di vino, pungenti e rinfrescanti”.
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Molti ricordano l’autoironica definizione della sua scrittura come “un pezzettino di avorio (lungo due pollici) su cui lavorava con un pennello così fine che, dopo molta fatica, l’effetto era minimo”. Ma dietro l’allusione alla miniaturismo si cela una mente vastissima, capace di concepire un mondo immenso. Austen non è pittrice di “conversation pieces”: è sorella di Balzac, Tolstoj, Proust.
La sua arte, che sembra limitarsi a piccoli mondi provinciali, porta in seno la nascita del romanzo moderno, capace di trasformare l’ironia e la grazia in strumenti di indagine sociale. Nei suoi libri il matrimonio non è un lieto fine convenzionale, ma il campo di battaglia dove si misurano libertà e convenzioni, desiderio e potere. La sua scrittura, apparentemente minuta, è un laboratorio di analisi sociale e psicologica che anticipa Balzac e Proust. Austen dà voce a una prospettiva femminile autonoma, capace di trasformare la vita quotidiana in materia universale.
Grazie alla Austen la letteratura, che fino ad allora era andata in cerca del sublime, ha imparato che ogni cosa è degna di racconto, che la felicità si nasconde nei dettagli, che la verità si rivela nelle chiacchiere, che l’eternità può rivelarsi in una goccia di rugiada. Ogni suo romanzo è un invito a guardare meglio, a non disprezzare il banale, a scoprire che la vita è già compiuta nella sua semplicità. È stata tutte le sue creature: l’ardore di Marianne, la discrezione di Elinor, l’intelligenza di Elizabeth, la malinconia di Anne, il silenzio di Fanny, la felicità di Emma. Ombra e luce, giudizio e sensibilità, ironia e tenerezza: un caleidoscopio di umanità che ancora oggi ci parla. Non c’è bisogno di altro: basta una mente vivace e tranquilla, e ogni cosa diventa degna di essere raccontata.
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