Cent’anni fa esatti nasceva a Reims Lucette Mangione, che poi si sarebbe fatta conoscere come Luce d’Eramo, scrittrice dall’esistenza intensa e dal percorso intellettuale scomodo. Nell’occasione Feltrinelli ha ripubblicato Io sono un’aliena, lunga riflessione – data alle stampe per la prima volta nel 1999 – in cui Luce d’Eramo ripercorre entrambi, dall’infanzia nella Francia del Fronte Popolare agli anni della guerra, durante i quali parte, da fascista, volontaria per la Germania: ci tornerà anni dopo da comunista deportata, dopo aver aperto gli occhi sulla realtà del nazifascismo. E poi naturalmente lo scoppio della bomba al fosforo che, nel 1945, la lascerà paralizzata per il resto della vita, ma anche tutto il resto, dagli anni della violenza politica in Italia alla passione per la fantascienza.
Marco d’Eramo, figlio di Luce, sociologo e scrittore, ricorda bene le lezioni fondamentali imparate dalla madre, quando racconta: «Quel che mi ha insegnato è: cerca sempre di metterti nei panni degli altri, di pensare come pensa l’altro. Cioè, se c’è un elettore di Trump che mi sta sulle scatole, io mi devo mettere a pensare perché lui vota Trump, per capire cosa sta succedendo. Diceva mia madre che una delle cose più importanti che ti procura l’essere in carrozzina, è che, come diceva lei «Appena mi guardano, vedono le ruote, e per riuscire a convincerli a guardare me, devo fare un’opera di seduzione pazzesca». Infatti era diventata una seduttrice professionista. Perché nessuno, quando vede una persona che non può camminare, nessuno immagina sé stesso in quella situazione… ha sempre quell’atteggiamento, come se a lui non potesse capitare mai. E quindi, sempre questo tono pietoso: «Signorina, poverina, come sta?» Ecco, questa è una cosa che la mandava in bestia».
Perché Lucetta – come la chiamavate lei e gli amici – era e si sentiva un’aliena, per riprendere il titolo del libro?
Sì, lei si chiamava Lucette, l’avevano chiamata così, all’epoca nessuno si chiamava Luce… Poi naturalmente si è sposata e si è liberata anche di quel cognome scomodo che era Mangione, e per lei era un grande piacere avere il cognome di mio padre anche quando poi si è divorziata…
Per quel che riguarda il libro, il punto è raccontare il suo atteggiamento fondamentale, cioè lei continuava a citare una frase di Leopardi che diceva che quando tu ti accorgi che un libro è scritto troppo bene, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Quando la bellezza della scrittura ti ostacola nel cogliere quello che ti sta dicendo l’autore, non va bene. Cioè, in qualche modo la scrittura più efficace per un romanziere è quella di cui non ti accorgi, in cui entri dentro senza pensare, senza il sovrappiù, senza i preziosismi, i petrarchismi italiani, la prosa cantata, quella roba lì. E quindi in base a questa estetica, nasce un’estetica dell’assenza, della sobrietà rispetto agli aggettivi e alle costruzioni involute. Ma questo tipo di scrittura era assolutamente necessaria per entrare nelle situazioni.
In tutti i romanzi di Luce d’Eramo ci sono personaggi scomodi, questa è la sua caratteristica fondamentale. Deviazione, il romanzo con cui è diventata famosa, era su una giovane fascista che finisce nei lager. Lì ci vuole poco a convincersi a non essere fascisti… poco, ma tutta un’esperienza abbastanza incasinata. In Nucleo zero, ci sono dei terroristi simili alle Brigate Rosse che vanno incontro al proprio fallimento, ma si ragiona sempre dall’interno con la testa dei terroristi. Poi c’è Partiranno, dove ci sono letteralmente degli alieni che visitano la terra, che diventano amici con un gruppo di persone, però intanto sono ricercati da tutti i servizi segreti del mondo. E quindi c’è un continuo scontro con la logica di questi alieni, che guardano questo mondo strano, e vedono questi bipedi spelacchiati che si affannano, fanno un sacco di roba, eccetera.
Un altro suo romanzo [Ultima luna, ndr], che è stato ripubblicato da Feltrinelli nel 2020, credo sia il primo romanzo italiano su una RSA. Cioè, la protagonista è una donna che sta in una casa di riposo per anziani. Poi l’ultimo libro che è uscito postumo [Un’estate difficile, ndr] era su una donna tradita, una donna cornuta.
Quindi non sono mai personaggi semplici, non sono mai quei personaggi del romanzo moderno in cui il tizio o la tizia entra in una crisi psicologica perché vive bene, guadagna bene, però torna a casa e trova che la moglie non lo ama, il marito non la ama...
Ecco, quindi in questo senso si sentiva un’aliena? Perché ha sempre presentato personaggi scomodi, quindi senza essere diciamo inserita in un certo mainstream?
Margaret Mazzantini nella prefazione usa una parola molto bella: “sbrancata”, cioè fuori dal branco.
Per quanto riguarda l’aliena, invece… lei ce l’aveva moltissimo con l’antropocentrismo, cioè con questa cosa che noi siamo su un pianeta vicino a una delle 150 milioni di stelle della nostra galassia, in una delle 100 miliardi di galassie che ci sono nell’universo… E noi continuiamo a pensare di essere il centro dell’universo! Che Dio ha fatto tutto questo casino per noi, e stiamo lì ad affannarci su questo minuscolo pezzetto di terra, a litigare, a farci le guerre. Tutta questa nostra centralità nell’universo… Ecco, lei diceva sempre: «Uffa, con questo antropocentrismo!»
Infatti era attratta anche da una riflessione spirituale più ampia…
Lei si interessava moltissimo alle mistiche, alle religiose: Santa Teresa d’Avila, Santa Caterina da Siena. Ma anche Etty Hillesum, ad esempio… quando è morta, stava raccogliendo materiale per un libro su Etty Hillesum.
Quello che le interessava era l’aspetto pascaliano di pura scommessa metafisica. Cioè, non le interessava assolutamente la questione dell’aldilà cristiano. Diceva sempre: ma mica siamo dei bambini, degli scolaretti, che se siamo cattivi ci mettono dietro la lavagna nell’aldilà, e se siamo stati buoni ci danno la caramella. Non è così. E invece le interessava proprio il mistero pascaliano dell’essere sospesi tra questo infinitamente piccolo degli atomi e l’infinitamente grosso delle galassie. E noi qui in mezzo, quasi senza senso. Quindi ricercava il senso al di fuori dell’umano, al di fuori delle nostre beghe.
[Legato a Alphaville (Rete Due) del 17.06.2025]