Un evento editoriale? Non vorrei esagerare. Però, a pensarci, non è un’iperbole, per più di un motivo. La pubblicazione degli ultimi due capitoli della Trilogia di New York di Paul Auster a fumetti chiude un lavoro di adattamento cominciato trent’anni fa. E si tratta di una delle ultime opere su cui ha messo gli occhi e le mani lo stesso Auster, morto l’anno scorso in primavera.
Morto ovviamente a New York (Brooklyn, Park Slope, dove abitava dagli anni Ottanta: oggi il quartiere è cambiato, ed è diventato un posto da ricchi, come quasi tutti). Morto ovviamente di cancro ai polmoni, lui che proprio sul rapporto tra uno scrittore e un tabaccaio aveva scritto Il racconto di Natale di Auggie Wren, poi finito al cinema con il titolo di Smoke – e Harvey Keitel che faceva, appunto, il tabaccaio. Ma queste sono altre storie. Tornando al libro (o meglio a questa raccolta, tre libri in uno) appena pubblicato in italiano da Einaudi, e al perché di evento si tratta.
“Trilogia di New York”
Konsigli 13.11.2025, 17:45
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È un evento perché questi adattamenti hanno l’imprimatur di Auster, e perché sono prodotti da alcuni autori che hanno forti legami con la scena creativa newyorchese degli anni Ottanta e Novanta, la stessa che ha visto nascere i primi grandi successi dello scrittore. Il primo ad arrivare direttamente da quel mondo è Paul Karasik, l’autore di questi tre adattamenti, e anche dei disegni del terzo racconto della trilogia, La stanza chiusa.
Karasik è un signore oggi quasi settantenne che negli Ottanta frequentava la newyorchese School of Visual Arts, allievo di un professore poco più grande di lui: Art Spiegelman, futuro autore del più importante graphic novel del ventesimo secolo, Maus. Spiegelman che, oltre a lavorare su Maus, in quegli anni dirigeva la rivista capace di cambiare la percezione del fumetto negli Stati Uniti.
Raw ha reso concreta l’idea che il fumetto fosse cultura alta, grazie alla potenza culturale di Spiegelman e di sua moglie Francoise Mouly, negli ultimi trent’anni art director del New Yorker. Da Raw sono stati lanciati autori poi diventati icone del fumetto d’autore americano, come Charles Burns, Richard McGuire e Chris Ware (oltre allo stesso Spiegelman). Però dentro Raw c’erano fumettisti da tutto il mondo. Per citarne alcuni (gusto assolutamente personale): Joost Swarte, olandese; Yoshiharu Tsuge, giapponese; Altan e Lorenzo Mattotti, italiani.
In questa nuova versione della Trilogia di New York, proprio Mattotti illustra la versione a fumetti di Fantasmi, secondo capitolo della saga. E noi siamo abituati a pensare a Mattotti come un maestro del colore, ma qui disegna a briglia sciolta in un bianco e nero metafisico, che prima di ogni altro sembra ispirato a De Chirico. Ogni tavola di Mattotti aggiunge uno strato di significato al testo, come del resto con quelle di David Mazzucchelli ormai quasi trent’anni fa. Pur rimanendo fedeli al testo (nel caso di Mazzucchelli era proprio fumetto-fumetto, nel caso di Mattotti si tratta più di illustrazione), entrambi ne rivoluzionano la percezione.

Tavola di David Mazzucchelli, da "Città di Vetro"
È abbastanza nota la storia di Paul Auster che ha l’ispirazione per Città di vetro in una notte quasi insonne: il telefono di casa sua suona tre volte, lui risponde, e qualcuno all’altro capo del filo domanda: «Pronto, parlo con l’agenzia investigativa Pinkerton?». Lui risponde normalmente, no guardi, non sono io, ha sbagliato numero. Però poi ripensa a quella telefonata, e conclude che è una storia. Così, la scrive, partendo dal noir per arrivare agli incroci del destino, alle possibilità, a una metafora della scrittura, a un gioco postmoderno sulla letteratura di genere con una spruzzata di filosofia… Paul Auster è uno di quegli autori che è meglio non riassumere: inevitabilmente non gli si rende giustizia. Però si può adattare, con rispetto e, se va bene, smisurato talento.
Qualcuno ha già detto che questa versione a fumetti è meglio dell’originale: inutile entrare in una discussione del genere, ma il solo fatto che esista conferma che l’operazione è tutt’altro che inutile.
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